La Storia siamo Noi – PIERFRANCESCO BATTISTINI

Battistini durante una intervista ad Arezzo Channel

Minuto 54 della partita Arezzo-Sansepolcro del 17 dicembre 1995. Calcio d’angolo di Mattoni, mischia con palla che schizza sul secondo parlo e incornata del n. 11 amaranto. Esplode il Comunale di Arezzo pieno di 7000 aretini assettati di grande calcio, dopo le ultime tre annate drammatiche. “La cosa che mi ha maggiormente impressionato è stato il boato della gente al momento del goal. Un attimo prima c’era un silenzio quasi surreale e, poi, il delirio”.

Quel n. 11 era Pierfrancesco Battistini, per tutti noi Battigol, oggi allenatore in attesa della chiamata giusta, dopo la breve esperienza al Matelica, che si gode la sua vita ad Arezzo, città nella quale abita da oltre 25 anni – una costante per i giocatori ex amaranto rimanere a vivere qui – con moglie e figlio, nato ad Arezzo.

Quando sei arrivato ad Arezzo?

“Sono arrivato ad Arezzo nell’estate del 1995, proveniente, insieme a Mosconi e Fabiani da Rieti. La stagione precedente avevo affrontato l’Arezzo nel campionato di serie D – quell’anno il Rieti retrocesse – e nella partita al Comunale mi ero messo in evidenza segnando una doppietta e servendo un paio di assist. Mi aveva segnalato il direttore Falasconi, poi venni chiamato dal grande Ciccio Graziani, ci incontrammo all’Hotel Tevere di Ponte San Giovanni e trovammo subito l’accordo. Devo precisare che per me attaccante, amante del calcio e, soprattutto, romanista essere contattato da un personaggio di tale spessore e con quel passato calcistico era qualcosa di impareggiabile.

Quale fu l’impatto con la tifoseria e la città?

“ Una cosa che mi impressionò immediatamente fu la presentazione in mezzo al campo allo stadio. Arezzo era una piazza da serie B, altro che serie D. Da un punto di vista numerico avevo giocato nell’Aquila che aveva fatto registrare partite con un pubblico vicino alle 15mila unità, ma Arezzo fu diverso perchè si respirava il calcio in ogni angolo della città, dai tifosi allo stadio ai vecchietti che venivano a vedere gli allenamenti, amavano parlare con i giocatori, ti portavano uova e asparagi agli allenamenti. Si respirava una passione genuina e naturale.”

Che tipo di giocatore era Battistini?

“Sono arrivato ad Arezzo da attaccante di movimento, poi, complice anche gli infortuni, il mio gioco è diventato più propenso a presidiare l’area avversaria, da punta classica abile anche nel gioco aereo, e sono stato anche molto più efficace sotto porta, segnando 17 goal tra campionato e coppa, pur saltando 10 partite; quindi, anche personalmente fu una stagione trionfale.”

Che rapporto hai avuto con Cosmi?

“La prima occasione in cui incontrai Serse fu vicino a Perugia, dove si svolgeva una sorta di calcio mercato della Serie D e lui se ne stava comodo in un dondolo con cappellino ed orecchino. Lo avevo conosciuto soltanto quale allenatore della Pontevecchio e l’impatto fu abbastanza sorprendente per quel suo aspetto particolare; poi il rapporto fu eccellente perchè mi dette subito la possibilità di giocare e penso, senza superbia, di aver segnato il goal della svolta della sua gestione, marcando il gol vittoria contro il Pontassieve, in un periodo in cui si cominciava a rumoreggiare nell’ambiente in quanto venivamo da alcuni pareggi. Quella vittoria fece da trampolino per la squadra.”

Compagno di squadra con cui hai più legato?

“Quello era un gruppo meraviglioso ed unito, che passava tanto tempo insieme e che si univa ogni giorno di più. Noi che stavamo ad Arezzo (io, Bifini, Di Loreto, Bruni, Fabiani, Mattoni, Mosconi) eravamo sempre insieme, ma un grande rapporto c’era anche con i ragazzi che venivano in macchina con Serse da Perugia (Martinetti, Nofri).  Con Bifini ci fu subito in campo una grande intesa tecnica perchè lui apriva gli spazi ed io segnavo; adesso con Alessio ci sentiamo spesso e ci confrontiamo. Poi passavo moltissimo tempo con Mattoni, anche se l’amicizia più intensa l’ho stretta con Mosconi, tanto che tuttora ci frequentiamo in vacanza anche con le famiglie. Poi ti ripeto è difficile rispondere a queste domande, quando ti trovi in compagnia di ragazzi splendidi come erano loro. Con il tempo il calcio allontana fisicamente, ma le emozioni ed i rapporti personali non cambiano. E poi c’era Lauro.”

Il goal più importante che hai segnato?

“Per la svolta della stagione, come ho già detto, il goal più significativo fu quello segnato al Pontassieve. Ovviamente a livello personale non posso che essere legato a quello contro il Sansepolcro; lo stadio era stracolmo, era un pubblico che non c’entrava niente con la Serie D e per noi giocatori era un’emozione incredibile giocare una partita di campionato davanti a quel nugolo di tifosi. Devo precisare che mi ero infortunato al menisco durante la partita di Coppa Italia contro il San Marino ed ero stato fermo per un mese e mezzo; appena ritornato in gruppo, Cosmi mi fece giocare subito contro l’Impruneta – segnai su rigore –  e poi mi confermó nella partita contro il Sansepolcro. Non posso che ringraziare Serse”

Perchè non rimanesti ad Arezzo l’anno successivo?

“Ecco questa rappresenta per me una delusione. Io volevo rimanere a tutti i costi perchè la serie C2 me l’ero conquistata sul campo, ma la società fece altre scelte, smantellando in parte il gruppo di quella grande cavalcata. Successivamente a 30 anni ho scelto dii giocare la C alla Sangiovannese, pur rinunciando a grosse offerte in D, per dimostrare che potevo giocare in quella categoria e quell’anno segnai 14 goal, vincendo il titolo di capocannoniere a pari merito con Tavano. Fu una grandissima soddisfazione personale, così come i complimenti di Ciccio Graziani che mi volle incontrare per congratularsi con me e dirmi che aveva il rimpianto di non avermi fatto fare la C con la maglia dell’Arezzo.”

Che rapporto hai con Arezzo e con l’Arezzo?

“Ovviamente il rapporto con Arezzo è ottimo ed intenso perchè ci vivo da 24 anni, mi ci trovo benissimo per la qualità della vita, tanto che ormai molti anni fa decisi di lasciare Roma e di rimanere quii. L’Arezzo lo seguo sempre! Il mister attuale è un ragazzo preparato con tanta passione e grandi capacità, che ha già vinto un campionato importante. L’Arezzo attuale da un punto di vista tecnico ha qualcosa in meno rispetto a quello dello scorso anno, perchè sono andati via giocatori importanti, soprattutto a centrocampo. Anche quest’anno l’Arezzo sta cercando di valorizzare alcuni giovani importanti, tra tutti Gori, così come aveva fatto lo scorso anno con Sala ed altri.

Però voglio precisare una cosa su cui combatto da anni. Considerata la crisi generale del mondo del calcio, le cose vanno fatte in modo graduale, mettendo talvolta anche da parte l’ambizione di voler vincere subito. È necessario che si costruisca dalle basi partendo da un centro sportivo adeguato, un settore giovanile, uno stadio rimesso a nuovo per ambire a stare in modo permanente nelle categorie superiori. Voglio, inoltre, far presente che la proprietà attuale per mantenere una squadra in serie C, sostiene degli sforzi economici importanti che spesso non vengono considerati, ma, ripeto, se vogliamo un Arezzo vincente e continuo è necessario partire dalle basi e dalla programmazione.”

Ti ci vedi in futuro sulla panchina dell’Arezzo?

“Non ti nascondo che mi piacerebbe rivestire i colori amaranto, tenuto conto che l’amore con l’Arezzo è stato intenso, ma troppo breve. Ma in questo momento non ci penso, anche perchè dobbiamo stare uniti per il bene della squadra e sostenere Di Donato che, come ripeto, è un mister preparato ed in gamba”.

Finita la chiacchierata con Battigol, lo saluto facendogli presente che, quel 17 dicembre 1995, mentre ero in curva ad esultare, mai avrei pensato di poter parlare 24 anni dopo con il nostro grande centravanti, ma lui mi ferma…”e poi c’è Lauro”.

“Era un ragazzo di uno spessore umano impressionante, era puro e sincero, oltre ad avere buone qualità calcistiche. Soprattutto mi ha sempre impressionato la sua grande forza interiore, basti pensare che lui, già nelle giovanili del Torino, dove giocava con Gabriele Graziani, aveva avuto un gravissimo problema all’anca che, con enorme coraggio aveva superato. Poi Ciccio lo aveva prelevato dalla primavera del Toro e lo aveva portato in serie D nell’Arezzo nel 1993 e quell’anno con noi giocò tante partite (19 presenze). La sera del 17 dicembre, dopo la vittoria sul Sansepolcro, passai a prenderlo ed andammo a festeggiare al Roxy Rose; entrammo nel locale e tutti i tifosi ci salutavano, ci abbracciavano e si complimentavano con noi. Ci fermammo a sedere e lui con quel suo fare puro e sincero mi disse: “Francesco, goditi questi momenti perchè nella vita non ricapitano”. Quella frase, ripensando anche a quello che è successo, mi ritorna sempre in mente.

10 mesi in Amaranto, 24 anni ad Arezzo, la vittoria del campionato della rinascita con il titolo di capocannoniere della squadra, un solo nome: Battigol!!!


A cura di Ferrero