La Storia siamo Noi – FRANCESCO GRAZIANI

Ciccio Graziani mi ha immediatamente colpito per la sua grande disponibilità e la sua voglia di raccontare con enorme entusiasmo il suo passato in Amaranto ed è stata la più lunga chiacchierata fatta fino ad ora, tanti sono i ricordi che legano questo grande personaggio, campione del mondo del 1982, alla nostra squadra ed alla nostra città.

Quando è arrivato ad Arezzo?

“Sono arrivato ad Arezzo nella primavera del campionato 1968/69, anno in cui l’Arezzo vinse il campionato di serie C; mi avevano visionato nel torneo Giovanile “De Juliis”, il segretario Zampolin ed Azelio Rachini e subito avevano raccontato al Presidente Golia di aver visto un giovane molto forte. Venni ad Arezzo in prova, insieme ad altri ragazzi e facemmo una partita al Comunale, in anticipo rispetto alla prima squadra che sarebbe scesa in campo dopo, e fin da subito capirono il mio valore e mi presero. Essendo arrivato molto giovane, i primi anni li ho passati in Primavera, raggiungendo traguardi eccezionali con la squadra giovanile.”

Quale fu l’impatto con la tifoseria e la città?

“L’impatto fu meraviglioso perchè a me Arezzo sembrava una metropoli. Vivevo in un paesino di 10mila abitanti e ritrovarmi in una città fu fantastico; poi a me affascinava la grandezza storica di Arezzo e quel suo passato medievale e mi innamorai subito del posto. Non dimentichiamoci, infatti, che quando smisi di giocare, io e mia moglie, che ho conosciuto da ragazzo ad Arezzo, preferimmo abitare qui, piuttosto che vivere a Roma. I tifosi mi sono sempre stati vicini, anche se qualcuno mi criticava perchè ad inizio carriera ero tecnicamente un po’ troppo rozzo, ma sopperivo con la grande grinta e la straordinaria forza fisica; poi con il passare del tempo anche gli scettici si sono ricreduti. Non posso che essere grato ad Arezzo perchè per me tutto è partito da qui.”

Che tipo di giocatore era Graziani da giovane?

“Ho sempre giocato centravanti, ma, come ho già detto, tecnicamente ero acerbo, perciò il grande Tonino Duranti, mio primo mister, mi teneva ad allenarmi per migliorare i fondamentali. Immagina che all’epoca spesso ci allenavamo nell’asfalto dell’antistadio, quindi quando giocavamo al campo del Giotto est ci pareva di essere dei signori. Non parliamo di quando poi affrontavamo nelle partite infrasettimanali la prima squadra giocando nel manto erboso del Comunale”.

Il goal più importante segnato con l’Arezzo?

“Verrebbe da dire il primo segnato in maglia amaranto. Ma ricordo un episodio straordinario. Giocavamo con in casa (con il Novara ndr) ed eravamo in svantaggio, quando, a pochi minuti dalla fine ci fu un calcio di rigore per noi; mi disinteressai del pallone perchè c’erano giocatori più esperti e importanti di me (Balassina e Zeli) che avrebbero dovuto battere il penalty, ma Ballacci mi ordinò di tirare; lo segnai ed a fine partita Ballacci mi disse “ragazzo, visto che hai le potenzialità per giocare in serie A, ti devi prendere queste responsabilità perché senza carattere non si va da nessuna parte, sia nel calcio e nella vita; devi farti la corazza e non avere paura di niente”. In quel momento capii quanta gavetta avessi ancora da fare e fu importante per la mia futura carriera.

Allenatore a cui è più legato?

“A Ballacci devo tantissimo perché mi ha dato molti consigli e mi ha fatto crescere, soprattutto da un punto di vista caratteriale, dandomi quella corazza che in serie A è necessaria per sfondare. La sera dell’esordio in A con il Torino gli telefonai per ringraziarlo per quello che mi aveva dato negli anni ad Arezzo; senza i suoi consigli non so se sarei diventato Ciccio Graziani. Non posso, però, che ringraziare anche Tonino Duranti che per me è stato come un secondo padre, in quanto da giovanissimo ero da solo ad Arezzo e passavo moltissimo tempo insieme a lui.

Compagno di squadra a cui è più legato?

Ho sempre cercato di legare con tutti. Però se devo citare qualcuno non posso non parlare di Benvenuto che è sempre stato prodigo di consigli nei miei confronti. Poi come non ricordare il grande capitano Tonani che è sempre stato straordinario con me, ma più di tutti mi viene in mente Pietro Fontana. Una sera a fine allenamento lui stava fuori a fare ginnastica sotto la pioggia ed io gli consigliai di rientrare, ma Fontana mi disse “ vedi Ciccio, se non curassi il fisico e non mi rinforzassi non potrei giocare in queste categorie. Mettiti accanto a me ed allenati, non accontentarti mai”. Fu una lezione di vita che mi accrebbe tantissimo. Ancora quando lo vedo mi ricorda di quell’episodio.

Poi Lei è diventato Presidente dell’Arezzo nel 1993, come è andata?

“Dopo il fallimento ci voleva una persona super partes che avesse un certo peso ed un certo spessore nel mondo del calcio, che fosse un punto di riferimento, anche perchè c’era bisogno di andare a trattare con la Federazione, tenuto conto del grande debito che aveva accumulato l’Arezzo. Mi contattarono Morelli, responsabile del comitato di sostegno, ed il Sindaco chiedendomi  di dare una mano alla società anche per cercare di coinvolgere gli industriali aretini, ed io fui ben contento di poter far qualcosa di importante per la città che mi aveva lanciato nel grande calcio. Cominciai a mediare con la Federazione, in particolar modo con Matarrese, e riuscimmo, insieme anche a Banca Etruria, a conseguire un risultato fantastico, perchè dimezzammo il debito e dilazionammo il pagamento in 5 anni. Sarei dovuto rimanere per 3 mesi, invece ho trascorso 5 anni alla guida del Cavallino. E sono stati anni vissuti “pericolosamente” perchè mi sono trovato a svolgere un ruolo che non avevo mai fatto!! Immaginate che io e tutti gli altri dirigenti eravamo esposti in Banca per salvaguardare economicamente l’Arezzo.

Perchè lasciò?

“Dopo 5 anni vissuti così intensamente, era il momento di lasciare, anche perchè facendo una serie C1 da metà classifica, avevamo una gestione da oltre 2 miliardi di lire; ma non fu facile in quanto si erano avvicinati alla società personaggi che non davano le giuste garanzie; per fortuna incontrammo Bovini ed il vice Dozzini che erano soggetti fidati e lasciammo in buone mani una società in salute e con un buon parco giocatori. Ero dispiaciuto perchè lasciavo un pezzo di vita, ma avevo portato a termine il mio compito!”

A quale giocatore in particolar modo  – eccetto Lauro – è legato e perchè?

Non c’è un giocatore in particolare, ma devo dire che per me la trattativa più difficile, ma soddisfacente fu quella legata a Battistini. Dopo la partita con il Rieti – in cui Battigol segno 2 reti all’Arezzo – questo giocatore mi piacque subito ed a fine campionato incontrai a Castiglion della Pescaia, Angelo Fabiani, ds del Rieti che chiedeva 25 milioni di lire; noi non avevamo questa disponibilità, ma il calciatore premeva per venire ad Arezzo ed alla fine chiudemmo con 7 milioni subito e 3 milioni nel corso della stagione, ma poi riuscì anche a risparmiare quei 3!!

E quel gruppo com’era?

Serse fu bravissimo, insieme a Fabbriciani, a creare un gruppo straordinario ed unito; ad ogni allenamento i ragazzi volevano giocare a calcio tennis contro di me e ci giocavamo i cappellini come premio: ad un certo punto dissi loro di smettere perchè avevo la casa invasa di cappellini e mia moglie non sapeva più dove metterli!! Quanto si arrabbiava Pilleddu, ragazzo straordinario da un punto di vista umano, perchè non voleva mai perdere!! Un altro ragazzo eccezionale di cui ho un ricordo molto bello e che a me piaceva tantissimo da un punto di vista tecnico, era Alessio Bifini, che è stato un po’ fermato dal carattere, ma che aveva delle doti tecniche da serie A; ce lo avrei visto bene!

Come vede l’Arezzo attuale?

Dopo la grandissima stagione passata, quest’anno l’Arezzo pare pagare il grande sforzo, anche economico dell’anno scorso; anche se i tifosi amaranto non possono che ringraziare il presidente La Cava che sta investendo molti soldi nell’Arezzo. Della squadra attuale stravedo per Cutolo che ha delle doti tecniche eccezionali, che possono risolvere in qualsiasi momento le partite!

E Lauro?

Lauro è stato il mio secondo figlio maschio, perché era sempre insieme a Gabriele ed è stato l’unico giocatore a venire a mangiare a casa mia. Un giorno durante gli allenamenti delle giovanili del Torino, avevo visto un ragazzo un po’ triste che si alleva in disparte; Gabriele mi spingeva per portarlo ad Arezzo perchè era molto forte ed io parlai con il segretario del Toro, Zambrone, che mi disse delle sue problematiche fisiche, ma io insistetti per prenderlo e lo portai ad Arezzo; lo coccolammo, lo curammo e così ebbe la possibilità di giocare e tornare a fare la cosa che più amava nella vita. Poi, dopo alcuni anni, lo portai a Roma dal professor Ferretti a fare le visite necessarie per tutti questi acciacchi che aveva sempre e, purtroppo, scoprimmo che c’era qualcosa di più grave!

Mister, ma da un punto di vista tecnico come era Lauro?

Era un giocatore straordinario, da categorie superiori, poteva giocare a centrocampo ed in difesa, e soltanto i continui e gravi problemi fisici lo avevano fermato. Immagina che Mondonico al Torino lo aveva portato in prima squadra. Io con lui avevo un rapporto straordinario; mi ringraziava sempre perchè lo avevo portato ad Arezzo, però siamo noi che dobbiamo soltanto dire grazie a questo ragazzo che, anche nella malattia, ha affrontato la situazione con un coraggio ed una forza incredibili. Ci ha fatto capire quanto fosse importante la vita e la salute. Avessi voluto un altro figlio maschio, lo avrei desiderato come Lauro. Era un ragazzo meraviglioso; per me è come aver perso un figlio!!.”

Non so cosa faccia la maglia amaranto agli ex giocatori, ma tutti parlano dell’Arezzo con una passione ed un entusiasmo contagiosi. Ed infatti, Ciccio Graziani, campione del Mondo 1982, campione d’Italia 1976, finalista di Coppa Campioni 1984 e campione della Serie A, mi si congeda con un “sempre Forza Arezzo”!! Sempre e comunque! Grazie Ciccio!!

A cura di Ferrero