La Storia siamo Noi – PAOLO SCOTTI

Foto dalla pagina FB di Paolo Scotti

In questo momento delicato a causa del Coronavirus noi tifosi amaranto ci attacchiamo ad uno dei giocatori più amati degli ultimi anni, ad uno che faceva della grinta, dell’attaccamento alla maglia e della voglia di combattere i suoi cavalli di battaglia. Se il virus avesse dovuto combattere contro Paolo Scotti, avrebbe sicuramente perso perchè “Sir Paul” – come mi piaceva appellarlo negli anni di Arezzo – era uno che gli scontri li vinceva e che nell’uno contro uno non conosceva rivali.

Quando e come sei arrivato ad Arezzo?

Ad Arezzo mi ci ha portato nel luglio 2004 Vittorio Fioretti, che avevo avuto fino a poco prima come Ds alla Triestina e che aveva già fatto arrivare ad Arezzo Pagotto e Venturelli, anche loro miei compagni in maglia alabardata. Il Direttore si fidava di me e mi portò con sé; in particolar modo ricordo che non mi fecero giocare Ascoli-Triestina, che sarebbe stata la mia ultima partita in maglia biancorossa, ed ero così arrabbiato che, tornato a casa, feci le valigie, chiamai Fioretti e gli dissi che la mattina dopo sarei arrivato ad Arezzo per firmare. Incontrai il Presidente Mancini ed in 3 minuti ci trovammo d’accordo.

Oltretutto non eri giovanissimo e quella squadra era stata costruita per la C2.

Sono arrivato ad Arezzo a 35 anni e, come detto, conoscevo bene Pagotto, Venturelli e Abbruscato; Fioretti era stato molto bravo a costruire la squadra perchè aveva preso giocatori che avevano giocato già insieme – anche Ogliari e Teodorani – giovani interessanti – Pasqual (lui era già nell’Arezzo) e Abbruscato – e giocatori di esperienza – Gelsi “Michele era uno che la serie B ai tempi la poteva giocare con la sigaretta accesa”. Però, devo dirti che non sapevamo che ci avrebbero ripescati, ma il Presidente ed il DS avevano costruito una squadra per vincere subito la C2. Ci accorgemmo di essere molto forti, quando massacrammo in amichevole il Siena, sia dal punto di vista atletico che tecnico. Era una squadra veramente tosta….Tanta roba!

Quale fu l’impatto con la tifoseria e la città?

Mi ricordo bene che il primo giorno che arrivai allo stadio per firmare il contratto, venni fermato da alcuni anziani che stazionavano sempre lì intorno e, tenuto conto che ero uno dei più vecchi della rosa, mi raccomandarono di avere un occhio di riguardo per Pasqual. Non lo conoscevo molto bene, ma mi accorsi delle enormi qualità del ragazzo, quando, durante una partita, mi coprì le spalle facendo uno straordinario recupero a ritroso. Lì pensai che il giocatore avrebbe fatto una grande carriera.

Ho un ricordo particolare legato alla prima partita di campionato che giocammo al Comunale (Arezzo-Cittadella 1-0 rete di Serafini). Eravamo negli spogliatoi prima della partita e dalle finestre – bocche di lupo – si vedeva una curva mezza vuota e ci dicemmo: “mamma che tristezza, come si fa a giocare qua??….e poi fu una stagione straordinaria!! Una cavalcata fantastica!!

Che tipo era di giocatore era Paolo Scotti?

Non ero forte – e ride -, ma ero un giocatore attento, contro cui non era facile giocare, che sapeva marcare l’avversario, dotato di una grande velocità di base; ero un difensore di una volta, di quelli che non ci sono più. Oggi i difensori non marcano più, se una squadra adesso ne trova uno così, se lo tiene strettissimo perchè è una rarità. Ai miei tempi la prima cosa che insegnavano ad un difensore era marcare!!

Come giudichi i tuoi due anni ad Arezzo

Sono stati due anni stupendi, rovinati dall’arrivo della nuova dirigenza. Il nuovo DS – Ermanno Pieroni –  fece in modo di smantellare la squadra, compreso il sottoscritto. Io ero all’ultimo anno di contratto – avevo 36 anni – e sarei rimasto molto volentieri ad Arezzo, ma non mi fu permesso. Devi sapere che mi ero infortunato in estate al mare e non sono potuto andare subito in ritiro con la squadra, ma nessuno della società mi telefonò per tranquillizzarmi, anzi fecero di tutto per mandarmi via. Io mi imputai perchè, ti ripeto e voglio tu lo dica ai tifosi amaranto, sarei rimasto ad Arezzo anche come uomo spogliatoio, ma trovai un muro di fronte, rifiutai moltissime offerte e, poi, alla fine mi trovai quasi costretto ad accettare la Salernitana che mi offriva un ottimo contratto, tenuto conto che avevo 36 anni. Ricordo che la mattina della mia partenza, il Presidente Mancini mi telefonò chiedendomi di restare, ma gli fece presente che il suo Direttore Sportivo mi aveva dato il benservito.

Mi dispiacque veramente lasciare perchè già sapevo che sarebbe stato il mio ultimo anno da calciatore; immagina che avevo già iscritto a scuola mia figlia. Devo ammettere che ci ho pianto, perchè mi si spezzava il cuore a lasciare Arezzo. Però conservo un ricordo eccezionale di tutto quello che riguarda la squadra amaranto e la città.

Rapporto con gli allenatori.

Il rapporto con uno come Somma non poteva che essere di odio-amore, ma Somma era un fenomeno, un visionario, un allenatore che adesso avrebbe dovuto essere alla Juve. Per alcuni versi forse sono state le sue qualità eccezionali i suoi veri limiti. Era un allenatore straordinario, forte, forte, forte. – e sento un pizzico di rammarico nelle sue parole-. La cosa più straordinaria ad Arezzo la fece con Serafini perchè trasformò un mediano normale destinato ad una carriera medio-bassa, in un “8+/10-” eccezionale; Matteo deve a Somma tutto il resto della sua carriera e le sue fortune perchè senza le intuizioni visionarie di Somma non avrebbe fatto tutta quella strada….”gli dovrebbe girare il 70% del conto in Banca”..e ride. Ricordo ancora che facemmo un’azione da goal a Reggio Emilia, roba da matti!!

Anche Pasquale Marino era molto avanti, gli piaceva che il portiere giocasse sempre la palla con i piedi, amava il bel gioco; la prima mezz’ora contro il Catania fu qualcosa di straordinario, ma poi si incrinò qualcosa nel rapporto tra i giocatori, specialmente tra gruppo vecchio e gruppo nuovo. Quella era una squadra fortissima, ma non si creò mai quell’amalgama giusto, tanto che ci salvammo all’ultima giornata. All’inizio con Marino non giocavo, poi, però mi fece entrare e mi ricordo bene che mi fece presente che giocavo perchè me lo ero meritato in allenamento e nelle partite disputate: “ Paolo giochi, ma non ti regalo niente, te lo meriti”. Poi venne mandato via ed arrivo Tardelli, ma quell’anno non si ricreò mai il gruppo della stagione precedente che, invece, era unitissimo.

l goal più importante che hai segnato e la partita più importante?

Non posso che ricordare la rete contro il Genoa, con assist del mio amico “Poeta” Andrea Gentile, un grandissimo giocatore. Che ricordi con la maratona piena e contro i rossoblù che davanti schieravano Diego Milito.

La partita più importante, non tanto a livello personale, ma per la squadra fu quella di Lumezzane per l’importanza dell’incontro, per l’atmosfera surreale che si sentiva in campo tra la nebbia e tutti quegli aretini intorno, per Pagotto che riuscì a parare due rigori; inoltre fu una sfida decisiva perchè quella vittoria dette la piena consapevolezza che la stagione poteva solo finire con la conquista del campionato. Se ci ripenso mi vengono ancora i brividi. Eravamo una squadra molto forte.

Che rapporto hai adesso con Arezzo e con l’Arezzo?

Il rapporto sentimentale è indissolubile e ci sono venuto fino a che Brandini era in società, per il rapporto di amicizia che mi lega a lui. Certamente da un paio d’anni non vengo più allo stadio perchè non ho un buon rapporto con colui che 15 anni fa, mi escluse dal progetto Arezzo e mi costrinse a lasciare gli amaranto. Quando posso mi fermo in città perchè conservo alcuni amici, ma allo stadio non ci vengo.

È doveroso, però, rendere merito al Presidente La Cava perchè oggi è durissimo fare calcio in Serie C in quanto ci vogliono presidenti che, spinti dalla grande passione, vogliano investire – o forse buttare – soldi in questa categoria. Devo dire che l’Arezzo dell’anno scorso ha fatto una bella stagione, ha mostrato un calcio interessante e di questo ne devo dare merito anche al Direttore. Poi dispiace che un allenatore bravo e capace come Dal Canto se ne sia andato, ma questi rimangono i misteri del calcio!

Cosa fai adesso nel mondo del calcio?

Faccio l’agente dei calciatori e mi muovo molto, soprattutto in giro per l’Europa. Mi piacerebbe, prima o poi, vedere qualche mio assistito calcare il campo del Comunale come aveva fatto anni prima il suo agente!!

Aneddoto particolare

Il primo ricordo di Arezzo lo colloco qualche anno prima del mio arrivo; ero in treno con mia figlia e mia moglie e stavamo tornando verso Trieste. Il treno si fermò alla stazione di Arezzo e feci presente a mia moglie che sarebbe stato bello giocare e vivere in questa città. Fu un segno del destino.
E poi ho il rammarico che quella squadra che vinse il campionato di C, perchè se non si fosse spezzato il duo Somma-Fioretti, sarebbe andata in A direttamente.


Paolo Scotti mi congeda con un “saluta tutti” e mi rimane di aver chiacchierato con un uomo vero, un tipo schietto e sincero che già in campo aveva sempre dimostrato di che pasta sono fatti gli uomini. Così come era puntuale nell’anticipo, così lo è stato nel rispondere alle domande e nel trasmettere quella passione che ancora lo lega alla nostra squadra. Dopo aver parlato con lui, rimane l’enorme rammarico di non aver tentato l’assalto alla serie A nella stagione 2004-2005; siamo sempre più convinti che se fosse rimasto Somma ci saremmo andati “fumandosi una sigaretta”, come dice il grande Paolo Scotti!!

di David Bondi (Ferrero)