La Storia siamo Noi – ANDREA BRICCA

Andrea BRICCA con Yoann GOURCUFF durante Milan-Arezzo 2-0, andata dei Quarti di Finale di Coppa Italia – 11 gennaio 2007

“Per me l’Arezzo ha rappresentato tutto. Quando mi chiedono che lavoro ho fatto, dico sempre che ho giocato a calcio nell’Arezzo!”. Andrea Bricca è stato un grande alfiere amaranto (oltre 170 presenze), ma soprattutto un giocatore che ha sempre dato tutto per la nostra maglia!

Quando e come sei arrivato ad Arezzo?

Nel giugno del 2001 mi apprestavo a svolgere gli esami di maturità e mi arrivò la notizia del passaggio all’Arezzo, insieme a Cangi, con cui giocavo nel Sansepolcro in  D. Per noi era un sogno poter venire a giocare ad Arezzo, anche perchè il Presidente Mancini era estremamente ambizioso ed avrebbe voluto vincere il campionato– l’Arezzo la stagione precedente aveva perso la semifinale playoff contro il Livorno di Protti – ed aveva acquistato giocatori importanti quali Firicano, Sordo ed Aglietti.

Purtroppo la stagione fu travagliatissima e ci salvammo soltanto ai play out contro la Carrarese; mentre l’anno dopo fu un disastro perchè non lasciammo mai l’ultimo posto e retrocedemmo in C2.Mi viene in mente che in due anni (2001/2002 – 2002/2003) abbiamo avuto quasi 10 allenatori e sono passati oltre 60 giocatori.

Quale fu l’impatto con la tifoseria e la città?

Devo dire che con i tifosi ho sempre avuto un ottimo rapporto perchè ho sempre dato il massimo in campo e i nostri ultras me lo hanno sempre riconosciuto. Arezzo la conoscevo benissimo, ma l’impatto con la società fu ancora più grande perchè nell’estate 2001 -come ti ho detto Mancini aveva grandi ambizioni – facemmo il ritiro in Trentino e con giocatori dai grandi trascorsi in serie A e, quindi, ci sentivamo dei veri professionisti. Per un ragazzo di 19 anni era qualcosa di fantastico!

Quali sono stati i tuoi compagni preferiti?

Con Francesco Cangi siamo cresciuti insieme ed il legame è rimasto forte, poi ho stretto una grande amicizia con Mirko Barbagli, con Nicola Beati, con Daniele Di Donato – che sono venuto ad incontrare molte volte lo scorso anno -; poi con Daniele Croce e Rafael Bondi ci frequentavamo molto anche fuori dal campo. Sono stati anni bellissimi, di gruppi stupendi che hanno fatto la storia dell’Arezzo. Mi viene in mente il gruppo meraviglioso creato da mister Gustinetti nella stagione 2005/2006, che solo per un goal non ci ha visto giocare i playoff nei quali avremmo sicuramente detto la nostra.

Che rapporto hai avuto con i vari allenatori?

Ho cercato di imparare da tutti e devo dire che ognuno mi ha lasciato qualcosa, da Discepoli – allenatore dell’Arezzo nel 2001/02 poi sostituito da Ferrari, Colautti e Pellicanò nella medesima stagione!! – in poi. Certamente devo sottolineare che in Antonio Conte si vedeva una grinta ed una determinazione che trasmetteva a tutti i giocatori ed era un allenatore che sapeva colpirmi nell’orgoglio e farmi rendere oltre le mie possibilità. Però non mi vorrei scordare un maestro della tattica come Maurizio Sarri oppure un visionario come Mario Somma, che faceva il 4-2-3-1 quando in Italia nessuno sapeva cosa fosse.

Che tipo di giocatore era Andrea Bricca?

Sono sempre partito come 13esimo o 14esimo giocatore e poi gli allenatori si affidavano a me, anche perchè riuscivo ad adattarmi ed ho fatto quasi tutti i ruoli,  sempre con grande concentrazione ed abnegazione. Ad essere sincero sono stato un giocatore che penso non abbia mai sbagliato un allenamento; fisicamente non ero dotato, tecnicamente idem, ma mi sono sempre applicato con una voglia ed un’attenzione eccezionali che mi hanno permesso di giocare a buoni livelli (Andrea ha 55 presenze in serie B). Ero soprattutto mentalmente tenace e determinato e mi piace ricordarmi così, indipendentemente dai ruoli in campo.

Ho sempre cercato di migliorarmi, tanto che a 20 anni valevo 2, a 25 4 ed a 28 anni 8; con il duro lavoro e la voglia ho raggiunto i traguardi che mi ero posto, dando sempre il massimo.

La partita più importante?

Il massimo fu l’esordio in serie B (Arezzo-Torino 1-2 del 5 ottobre 2005), perchè rispetto alla C era un altro mondo; con tutto io rispetto per la terza serie, ma in cadetteria sembrava si giocasse un altro sport e, poi, quegli anni, c’erano delle squadre pazzesche, che avevo solo visto in TV e giocarci contro era un sogno fantastico. Ma poi arrivavi al campo e vedevi i furgoni di Sky e della RAI e respiravi l’atmosfera del professionismo.

Ovviamente, rimane nel cuore e nella testa la partita di Coppa Italia in casa contro il Milan (Bricca giocò tutta la partita), che solo qualche mese dopo avrebbe vinto la Champions.

Come avete vissuto voi compagni la stagione con il -6 in classifica e la partita farsa Juve-Spezia

Ti confesso che fin da ragazzino sono stato un grande tifoso juventino e lo ero anche negli anni successivi, poi dopo il 2007 non posso più vedere o sentir parlare della Juventus, perchè quello che successe con lo Spezia è stato qualcosa di vergognoso; posso affermare che da allora “odio” i bianconeri.

La retrocessione rappresenta il mio più grande rimorso perchè noi dovevamo rimanere in serie B, visto che la penalizzazione era ingiustissima e tenuto conto che avevamo fatto una rimonta pazzesca; quello che successe a Torino fu una mazzata che non ci saremmo meritati e sono sicuro che se avessimo disputato i playout li avremmo vinti e ci saremmo salvati.

Poi devo dire che un’altra cosa che ci fece male, fu il fatto che durante l’anno ci avessero sempre rassicurati sulla possibilità di vedersi cancellato il – 6 in classifica ed, invece, non fu così.

Ci fossimo salvati saremmo rimasti ancora in B e con Antonio Conte come mister avremmo potuto puntare alla serie A; sarebbe stato il più grande regalo che avrei voluto per il fantastico pubblico dell’Arezzo, che ci ha sempre sostenuto ed aiutato.

Sei andato via 3 volte e tornato 2 volte.

L’anno di Somma giocai soltanto la prima partita e poi tra scelte tecniche ed il brutto infortunio al ginocchio non ho potuto più scendere in campo; così l’anno dopo io e Ganci venimmo mandati in prestito a Sora in C1 che, devo ammettere, fu una bella esperienza da un punto di vista umano, perchè per la prima volta mi allontanavo da casa.

Poi sono tornato con Gustinetti in serie B e sono rimasto in amaranto per 4 stagioni. A gennaio 2009 c’era la possibilità di rinnovare, ma dovevamo sistemare alcune cose e ci accordammo con il presidente Mancini di riparlarne a fine stagione, anche perchè il mio obiettivo era di rimanere a vita ad Arezzo; purtroppo a fine anno le decisione della società furono altre e preferirono scegliere altri giocatori. Mi dispiacque molto perchè mi è sempre rimasto dentro il rammarico della retrocessione ed avrei voluto riportare gli amaranto in serie B, ma secondo me in quegli anni il presidente, pur spendendo molto, non aveva puntato su giocatori che avessero quell’attaccamento alla maglia necessario per fare il salto di qualità.

Poi nel 2013 sono tornato ad Arezzo in serie D perchè quella stagione le ambizioni erano altissime e volevamo vincere il campionato, ma non è andata come avremmo desiderato.

Cosa ha rappresentato per te l’Arezzo?

Per me l’Arezzo ha rappresentato tutto. Ho giocato anche in altre piazze, ma con tutto il rispetto, la mia vita nel calcio è stata ad Arezzo. Ancora mi bolle il sangue per quella retrocessione e spero che la vita mi dia una seconda possibilità, stavolta in panchina, per placare questo dolore calcistico che mi si muove dentro.

Segui l’Arezzo e cosa pensi del calcio ai tempi del Covid?

L’anno scorso l’ho seguito abbastanza, anche per l’amicizia con Di Donato e sono venuto a vedere le partite e gli allenamenti. Quest’anno la situazione non mi ha permesso di seguire le partite, ma mi sono sempre informato dei risultati, anche se ritengo che sarebbe giusto che fermassero i campionati, come sta succedendo nei dilettanti, dove alleno. Spero, però, che, pur nel rispetto della salute che rappresenta una priorità, lo sport riparta perchè ne abbiamo tutti bisogno.

Cosa fai adesso?

Una volta appese le scarpette al chiodo, mi sono laureato in ed ho intrapreso la carriera di allenatore, conseguendo il tesserino di Uefa B e di Uefa A. Adesso sono alla guida di una formazione di Eccellenza Umbra, il Castel del Piano, anche se al momento è tutto fermo. Come quando ero bambino e desideravo diventare calciatore, adesso alleno impegnandomi a raggiungere il miglior risultato possibile.

Aneddotto

A San Siro, dopo la partita di andata di Coppa Italia, ero stato sorteggiato per l’antidoping, ma non “mi scappava” ed il medico dell’Arezzo mi consigliò di andare a piedi scalzi sull’erba fresca del campo per trovare lo stimolo. In quel momento San Siro era buio e vuoto e nel silenzio più assoluto ammiravo uno degli stadi più importanti del mondo. Fu una sensazione fantastica! Andrea Bricca rappresenta l’esempio del calciatore e dell’uomo che con abnegazione e tenacia sia riuscito a raggiungere anche risultati importanti, mostrando quell’attaccamento alla maglia ed ai colori che ogni calciatore dovrebbe avere. Mi lascia con una frase significativa che rispecchia il personaggio: sono convinto che dipenda tutto da noi e che ognuno alla fine raggiunga gli obiettivi che si merita! E noi, caro Andrea, ti auguriamo di vederTi un giorno sulla nostra panchina!! Forza Arezzo!

di David Bondi