Alò che s’arbeve – Trasferta di Gavorrano

| Foto Di Christihan – Opera propria, CC BY-SA 3.0 |

Gavorrano è un comune di 8000 abitanti situato sul Monte Calvo a 273 mt di altitudine, in alta maremma, la storia delle origini del paese riporta al 1164, quando l’Imperatore Federico I detto il Barbarossa concesse ai conti Alberti la proprietà del Castello di Pietra. Nel duecento il casato dei Pannocchieschi di Siena, subentra agli Alberti, a quel punto il destino del borgo fu conteso tra la vicina Massa Marittima, Volterra e Siena, che lo assoggettò definitivamente nella metà del XV sec.  Ma il Castel di Pietra è famoso soprattutto perché tra le sue mura Nello Pannocchieschi fece rinchiudere la sua moglie Pia de’ Tolomei e nel 1297, la uccise gettandola nel dirupo da una finestra dello stesso castello, perché lui voleva sposare l’altra amante che aveva: Margherita Aldobrandeschi. Oggi il Castello è diroccato ma restano imponenti resti delle mura della torre sul dirupo est dove fu lanciata la povera moglie.
Nel 1898 a Gavorrano viene portato alla luce un filone di pirite, grazie all’opera di Francesco Alberti; da allora si sviluppò la miniera di pirite più importante d’Europa. E dal 1898 ai primi anni 80, Gavorrano è stato il più famoso e importante centro minerario di pirite e zolfo. Oggi è un tranquillo borgo dell’alta maremma, circondato da ettari di macchia mediterranea, boschi, castagneti, querce, oliveti, siti archeologici etruschi sparsi nelle campagne ed ovviamente importanti tracce dall’attività mineraria. Le miniere non sono più attive, tuttavia i siti minerari sono stati riconvertiti a fini turistici, è stato creato il Parco Minerario Naturalistico, la cui visita è un’esperienza unica ed affascinante. Oltre cento chilometri di gallerie, grandi cave, impalcature, grotte, cunicoli e gallerie minerarie/museo che si snodano su percorsi suggestivi ed itinerari misteriosi, i tifosi aretini che lo visitano, hanno la possibilità di trasformarsi in veri minatori per un giorno. Da vedere all’interno del Parco Minerario, il Teatro delle Rocce, affascinante struttura che evoca un antico teatro greco, ricavato in una vecchia cava di calcare ed oggi adibito ad ospitare spettacoli teatrali, e concerti, una bellezza fatta dal lavoro dei minatori, da non perdere assolutamente. Nel centro storico di possiamo riconoscere il circuito murario della Rocca, con le torri quadrate e le feritoie piegate. Sempre nella parte storica del borgo, si trova la Chiesa di San Giuliano, costruita nel 1792 sulle mura stesse della rocca originaria, da vedere all’interno una trecentesca scultura marmorea di Madonna con Bambino, capolavoro di Giovanni d’Agostino artista scultore senese, lo stesso che ha abbellito il Duomo di Siena, interessanti sono anche i vicoli tortuosi conservati con lo stile medievale che circondano la chiesa.
I tifosi aretini che invece vogliono andare al mare possono scendere giù per 10 km fino a Follonica, una meta turistica rinomata, soprattutto per le sue spiagge, gioielli incastonati nella lussureggiante campagna Maremmana. La spiaggia di Torre Mozza è una delle più belle di Follonica, è particolarmente apprezzata, non solo per il suo bel mare, ma per la caratteristica torre che svetta sul litorale. Belle e da non perdere sono anche le spiagge del Boschetto, dove nelle giornate limpide si vedono all’orizzonte l’isola d’Elba, Montecristo e la Corsica, la Spiaggia della Polveriera dal fondale molto basso e la spiaggia di Carbonifera che è formata da sabbia chiara e fine, e che ha alle spalle le dune costiere ombreggiate dai pini marittimi, a voi la scelta per passeggiare al mare d’inverno.
I tifosi aretini che vogliono rilassarsi nella completa natura devono andare nella Riserva naturale delle Bandite che si estende per una superficie di 9000 ettari di profumata e rigogliosa macchia mediterranea, tra i comuni di Follonica, Gavorrano e Scarlino, visitare la zona della riserva e passeggiare nella battigia vale un’esperienza unica di totale immersione nella natura, dimenticando i fasti e i rumori dei divertimenti estivi di Follonica.
La cucina di Gavorrano è fortemente caratterizzata dalle sue origini semplici, dal duro lavoro dei butteri e della transumanza, per i maremmani il mare non è mai stato un amico, il rapporto diretto e costante con la terra ha dato vita ad una cucina saporita e genuina, la Maremma una volta era considerata un luogo inospitale e malsano ma oggi è fra le migliori gastronomie della Toscana. Tra i piatti tipici occupano un posto di primissimo piano le zuppe di verdure, le zuppe di pesce e le pietanze a base del Re della Maremma: il Cinghiale.
Come antipasti tipici abbiamo: il prosciutto di Cinghiale, i Crostini Maremmani, i Crostini di Salsiccia di cinghiale, mitica è l’insalata di Acciughe sott’olio e prezzemolo, le Acciughe fritte in Pastella, la Bottarga di Orbetello ottenuta dalla essiccazione delle uova di cefalo, il Pecorino Dop di Manciano il Pecorino Nero di Tiburzi, formaggio a pasta compatta e friabile, e il Caprino di Follonica. 
I primi piatti da non perdere sono: l’Acquacotta (se la Maremma fosse uno stato, questo sarebbe il suo piatto nazionale) che è una zuppa, cugina della celebre Ribollita, ed era preparata per il pranzo dei contadini nei campi ed è anche la pietanza tipica dei butteri, si tratta di una zuppa servita nel coccio, che contiene una infinità di verdure, con crostini di pane abbrustoliti nel fuoco e un uovo in camicia; i Tortelli Maremmani, sono preparati diversamente di paese in paese, uova del pollaio, pasta fatta in casa farcita con ricotta e spinaci freschi dell’orto, condita con sugo di manzo, un’opera d’arte; le Pappardelle alla lepre; lo Strozzapreti al sugo finto; la Zuppa di Arcidosso ceci e porcini; Il Caldaro che è la più celebre zuppa di pesce, dal sapore indimenticabile; il Risotto di femminelle, granchi molto piccoli che normalmente si trovano in autunno sui fondali; il Ciaffagnone di Manciano che è una crepes ed è praticamente impossibile da trovare nei ristoranti, ma quando si trova, è una vera leccornìa, sfoglie, sottili, leggere unite al pecorino.

Tortelli maremmani


Come secondi tipici abbiamo: Cinghiale alla Maremmana, piatto per eccellenza della cucina maremmana si potrebbe definire la portata principe che contraddistingue tutta la Maremma, è un vero capolavoro; l’Agnello al Buglione, 1,5 kg di carne d’agnello marinato e in umido; il Cinghiale alla Cacciatora e olive; il Cinghiale in bianco sfumato al Morellino; la Scottiglia di Agnello; il Capriolo alla Palma; dal mare troviamo  l’Orata al vino; lo Scaveccio di anguilla; l’Anguilla di Orbetello al Pimento; il Polpo Briaco con patate.

Cinghiale alla maremmana – Foto da TripAdvisor


I dolci tipici dell’alta Maremma sono: i Civitellini di Civitella Marittima, biscotti con l’unto, al profumo di menta; i Topi di Castell’Azzara, dolci a forma di mezzaluna ripieni di noci, miele, cannella e buccia d’arancia deliziosi (unico accorgimento: da mangiare durante la pioggia); il Brecciotto di Roccalbegna; il Cialdino dei tufi di Sorano; il Ciaramito di Castell’Azzara; la Schiaccia pizzicata, schiacciata dolce originaria di Montiano; i Tozzetti di Pitigliano, biscotti al sapore di nocciola e frutta candita; le Frittelle di San Giuseppe; la Cotognata con le mele cotogne nel pieno della maturazione e infine non possono mancare, durante tutto l’anno, i mitici Ossi di morto a base di mandorle e nocciole tritate.
Per bere di qualità in Maremma esiste un solo nome: il Morellino di Scansano. Quella del Morellino è una super DOCG del sud della Toscana, a pochi passi dal mare, in colline formate da un terreno acido e alcalino, ricco di sedimenti marini, dove un tempo era tutto un fiorire di paludi, oggi, fortunatamente, bonificate e ricoperte di vigne, proprio questi vigneti, che godono di esposizioni ventilate e soleggiate, offrono dei vini eccezionali, vini di carattere che riconoscerete per la finezza dei tannini e la sapidità al gusto di resina di pino. Il Morellino di Scansano è uno dei più grandi vini rossi italiani e oggi è diventato uno dei protagonisti dell’enologia italiana, si presenta con un colore rosso rubino, tendente al granato; all’olfatto è intenso, fine, fresco, fruttato con profumi di frutti rossi, maraschino, prugna, ciliegia, mora rossa e sentore di legno umido, al gusto è secco, e morbido…uno spettacolo del palato.
Per assaporare un pò di queste delizie e questo favoloso vino io consiglio ai tifosi aretini il Ristorante Il Cacciatore a Tirli, un poco su in collina, cucina vera casalinga, piatti unici, prodotti del territorio, un’esplosione di sapori maremmani, genuini e veri, tortelli spettacolari ricetta della nonna, tagliatelle al sugo bianco di cinghiale strepitose, pappardelle al cinghiale, pici al tartufo, braciola di cinghiale, bistecche di cinghiale ai porcini, cinghiale con le mele, pappa al pomodoro, insomma tanto cinghiale strabiliante di qualità, ma anche molte specialità di cacciagione da favola e in più una grande selezione delle migliori etichette di Morellino.
E dopo pranzo tutti allo Stadio Romeo Malservisi Matteini  a incitare il cavallino……….. Forza Arezzo vinci per noi …..

a cura di Leo