La Storia siamo Noi – STEFANO BUTTI

Foto dalla profilo Facebook di Stefano Butti

In un momento delicato come quello che sta passando l’Arezzo, non potevamo non sentire il nostro alfiere, colui che ha indossato la nostra amata maglia per 302 volte, onorandola tutte le volte che è sceso in campo. Stefano Butti per 302 partite ha percorso quella fascia sx, suo feudo per 10 dieci anni ed ha sempre fatto capire cosa voglia dire indossare l’amaranto e rappresentare in giro per l’Italia l’Arezzo. Fa parte di quella generazione d’oro che ad inizio anni 80 segnò la storia dell’Arezzo e che ancora, a distanza di 40 anni, ci ricorda cosa rappresenti essere un giocatore dell’Arezzo.

Quando è arrivato ad Arezzo?

“Sono arrivato ad Arezzo nel 1980 nell’ambito dell’affare che portò Giuliani a Como. In quella trattativa l’Arezzo, oltre al conguaglio economico, aveva la possibilità di prendere anche 1 giocatore e Menchino Neri, che l’anno prima era tornato ad Arezzo proprio dal Como, mi indicò come giocatore da prendere e come prospetto interessante, visto che avevo appena 19 anni ed arrivai in prestito.”

Quale fu l’impatto con la tifoseria e la città?

“Il primo impatto fu positivo, ma soprattutto fu nel corso dell’annata, sfociata con la vittoria della Coppa Italia di C, che sigenerò un grande entusiasmo intorno alla squadra; la gente accoglieva benissimo i calciatori e si toccava con mano questa grande passione perchè i tifosi riempivano lo stadio. Poi l’anno dopo vincemmo il campionato e fu un’estasi assoluta.”

Che tipo di giocatore era Butti?

“Nelle giovanili del Como ero nato come ala sinistra (ora si direbbe esterno sx alto), poi ho pian piano arretrato la posizione diventando un fluidificante oppure giocando a centrocampo, sempre sul lato sinistro del campo.

Stefano Butti durante un’intervista ad Arezzo Channel

Come fu l’inizio ad Arezzo?

“Ad Arezzo l’inizio non fu facile perchè appena arrivato, l’allenatore del momento, Piero Cucchi, mi faceva allenare come un matto, – addirittura dopo le sedute con i compagni, me ne faceva fare una supplementare – ma poi mi faceva giocare molto poco, tanto che più volte parlai con la dirigenza del Como, proprietaria del mio cartellino, per lamentarmi dello scarso utilizzo. Poi Cucchi venne esonerato ed arrivò Angelillo. Da quel momento ho sempre giocato.”

L’allenatore con cui ha più legato?

“Senza dubbio il grande Antonio Valentino Angelillo perchè era una persona schietta che premiava i meriti e l’impegno del giocatore senza guardare età o carriera; era uno che chiedeva tantissimo ai giocatori, ma poi ti premiava.Fu lui ad insistere con la società per comprare il mio cartellino dal Como, dopo le prime due stagioni prima in prestito e, poi, in comproprietà.”

Il compagno di squadra con cui ha più legato?

“Eravamo un gruppo eccezionale ed affiatatissimo, compreso lo staff – ricordo con grande piacere il massaggiatore Nanni Occhini che è stato un personaggio stupendo – tanto che raggiungemmo risultati importanti e posso senza dubbio affermare che quello rappresenta il momento d’oro del calcio aretino. Sono rimasto legato a tutti in eguale misura, ma non posso non menzionare Menchino, cui mi lega una grandissima amicizia, anche perchè fu colui che mi indicò alla dirigenza aretina. Senza di lui non sarei diventato una bandiera dell’Arezzo.”

La partita più importante che ha giocato in maglia amaranto?

“Nel lungo periodo trascorso ad Arezzo di partite importanti ne ho giocate tante, basti pensare alla finale di Coppa Italia di C contro la Ternana, alle partite della stagione che ci vide vincere il campionato, alla partita di San Siro contro il Milan; però, la partita che mi è rimasta più impressa fu quella di Coppa Italia contro il Napoli nella stagione 1984/85, che fu l’esordio ufficiale in Italia di Maradona.

Cosa mancò all’Arezzo per andare in A nell’83/84?

“Secondo me mancò un pizzico di esperienza in più per poter fare il grande salto; mancavano giocatori che venissero dalla A oppure giocatori di categoria che avessero già vinto campionati in B. Dispiace veramente non essere riusciti a raggiungere la massima serie, perchè quel gruppo e la tifoseria se lo sarebbero meritati.

Hai avuto la possibilità di andare in serie A?

Si, ma l’ho saputo dopo! All’epoca erano le società a decidere il futuro dei giocatori, che spesso non venivano neanche informati delle trattative o delle richieste; sono poi venuto a sapere che Catania ed Empoli si erano interessate a me, ma la società non mi aveva voluto cedere. Oltretutto devo precisare che, proprio per il rapporto speciale con Angelillo e con il gruppo, io non ho mai richiesto la cessione da Arezzo e, quindi, sono rimaste trattative che non mi hanno mai coinvolto direttamente.”

Perchè è andato via e poi è tornato?

“Nel 1988, dopo la retrocessione, la società non mi aveva rinnovato il contratto e Marino, ex giocatore amaranto, era diventato allenatore della Triestina – con Franco Causio ds – e mi volle con lui. Vinsi il campionato, feci un anno di B e, poi, via Siena, tornai ad Arezzo sino al termine della carriera. Finita la carriera sono rimasto ad abitare ad Arezzo perchè mi sono trovato benissimo in città e con tutti i tifosi.”

Perchè non è rimasto nel mondo del calcio?

“Ho fatto molti anni nei settori giovanili intorno alla città, ma non c’è mai stata alcuna chiamata da parte dell’Arezzo.”

Come vede l’Arezzo attuale e quale giocatore della rosa attuale le piace?

“Seguo l’Arezzo come tifoso, andando allo stadio ed intervenendo come opinionista. Attualmente vedo una squadra che non sta rispettando le aspettative di inizio stagione e che ha un andamento troppo altalenante; abbiamo già giocato 13 partite ed ancora non sappiamo quale modulo utilizzare.

“Il giocatore che preferisco nell’Arezzo attuale è Belloni che, però, deve essere impiegato nel ruolo giusto e non si può sacrificare sull’esterno a fare 90 metri di campo; deve giocare dalla metà campo in su per esaltare le sue doti offensive.”


Sarebbe opportuno che i giocatori amaranto di questa stagione, si fermassero qualche volta a guardare le partite di calciatori, come Stefano Butti, che hanno sempre lottato per l’Arezzo e non si sono mai arresi, lasciando il campo sempre con l’onore delle armi, anche nelle sconfitte.

Grande Stefano, sei la nostra bandiera!

a cura di Ferrero