La Storia siamo Noi – ALESSANDRO ZANIN

Quando guardi nella parte alta della Classifica degli alfieri amaranto, al quarto posto (250 presenze – 222 in campionato e 28 tra Coppa Italia e Torneo Anglo Italiano) ti imbatti in Alessandro Zanin, il capitano della splendida cavalcata nella Coppa Italia di C del 1981 e della meravigliosa stagione del 1982.

Con i suoi settantanni quasi compiuti (16 aprile 1951) lui rappresenta un esempio di attaccamento alla maglia amaranto che pochi eguali nella nostra Storia. “Sarei rimasto ad Arezzo molto volentieri, avrei voluto passare il resto della mia vita in questa splendida città”.

Quando e come sei arrivato ad Arezzo?

Avevo giocato due stagioni importanti a Palermo (ha disputato anche la finale di Coppa Italia persa ai rigori contro il Bologna nel 73/74), ma in Sicilia c’erano difficoltà economiche, io avevo polemizzato con la società per il mancato pagamento degli stipendi e, pertanto, nel mercato autunnale del 1975 quando mi si presentò la possibilità di venire ad Arezzo la presi al volo. Anche perchè avevo affrontato gli anni precedenti gli amaranto ed ero rimasto affascinato dalla città e dalla gente.

Arrivasti nel 75/76 (I° anno di C), l’anno dopo andasti in prestito e poi tornasti ad Arezzo

Sono arrivato ad Arezzo in un anno di cambiamenti perchè la squadra era appena retrocessa dalla serie C, la dirigenza, però, aveva tenuto i giocatori importanti (Fara, Mujesan, Papadopulo) per tentare subito la risalita in cadetteria ed era stata affidata la guida a mister Lauro Toneatto, che aveva grande fiducia in me. Purtroppo i risultati non furono eccezionali e l’anno dopo ci furono importanti cambiamenti societari, con una certa attenzione a risparmiare ed a puntare sui giovani, tanto che fu deciso di mandare me e Tombolato in prestito a Pagani, sempre in C, per alleggerirsi di due stipendi importanti.

A Pagani feci un’ottima stagione (l’annata 1976/77 è stata la migliore annata di sempre della Paganese) e mister Ballacci convinse la dirigenza a riportarmi subito a casa e, poi, sono stato in amaranto per 7 anni consecutivi.

Quali sono stati i tuoi compagni preferiti?

Quel gruppo fatto da alcuni giocatori esperti e poi da giovani di Arezzo e non, era composto da ragazzi e uomini eccezionali con i quali ho mantenuto rapporti splendidi. In questo periodo ci siamo divertiti a fare videochiamate con Quercioli, Butti, Mangoni, Vittiglio, Malisan ed altri ed il rapporto è sempre intenso. Se devo citare un compagno, non posso che pensare “al Neri” perchè Menchino è una persona splendida ed era un giocatore fortissimo; quando davi la palla lui, come si diceva in gergo, la mettevi veramente “in banca” perchè sapeva sempre cosa fare, non gliela toglievano mai e aveva sempre la giocata giusta.Era la vera ciliegina sulla torta di quella squadra fortissima.

Che rapporto hai avuto con i tuoi mister (Toneatto, Ballacci e Cucchi)?

Con Toneatto, che è un friulano come me – siamo nati ad 1 km di distanza – mi sono trovato bene, anche se il mister era un tipo molto duro.

Dino Ballacci per tutti era un secondo padre perchè aveva un consiglio per tutti, una parola giusta per ogni momento e cercava di aiutare tutti i giocatori a non sbagliare; a lui venne affidato il compito di guidare una squadra piena di ragazzi e fece un ottimo lavoro.

Pierino Cucchi era una persona onesta, ma era un maniaco del lavoro, ci faceva patire come pochi, tanto che mi prendeva male al solo pensiero di dover fare gli allenamenti! Era diventato un incubo andare al campo!! Immagina che, durante la sua gestione, sono stato operato all’ernia al disco ed è stato l’unico momento in cui mi sono infortunato nei miei 8 anni ad Arezzo; tanto che più di una volta, in qualità di capitano, mi è toccato andare a parlare con la dirigenza per far capire che i metodi del mister non fossero molto accettati dalla squadra. Però devo riconoscere che i successi del 1981, del 1982 e le belle annate del 1983 ed 1984 sono anche frutto del grandissimo lavoro fisico fatto da Cucchi nella stagione in cui ha guidato l’Arezzo.

E Angelillo?

Angelillo era un maestro di tecnica e di rapporto con i giocatori, perchè lui faceva giocare i giocatori in base alle qualità, senza guardare età o curriculum e, soprattutto, aveva creato un gruppo vero, un corpo unico che si muoveva verso un solo obiettivo. Con lui devo dire che non siano state sempre rose e fiori perchè abbiamo avuto visioni diverse, considerato i nostri caratteri forti; una volta ci siamo scontrati per i premi partita legati alla vittoria del campionato, perchè io volevo che venisse riconosciuto anche a Tassara, che si era rotto i legamenti ad inizio stagione. Nella parte finale della stagione 1983/84, invece, avemmo un diverbio perchè ritenevo che gli allenamenti fossero troppo leggeri ed il rapporto si incrinò definitivamente.

Che tipo di giocatore era Ale Zanin?

Alessandro era un giocatore che amava puntare la porta e cercare sempre una soluzione per segnare. Mi è sempre piaciuto giocare con una proiezione offensiva ed i miei 19 goal in maglia amaranto lo dimostrano; in particolar modo mi buttavo sulle respinte dei portieri per ribadire la palla in rete.

La partita più importante ed il goal (19 reti tante) a cui sei più affezionato?

La partita più bella di tutta la mia carriera rimane Arezzo-Paganese del 30 maggio 1982, con tutto lo stadio stracolmo e colorato di amaranto e fu una giornata fantastica. Invece il goal a cui sono più legato è quello al Palermo (Arezzo-Palermo 1-0 30 gennaio 1983), mia ex squadra e da cui ero stato mandato via perchè avevo protestato per il mancato pagamento degli stipendi.

Cosa mancò alla squadra del 1983/84 per andare in A?

Per me mancò la preparazione fisica perchè arrivammo alla parte finale della stagione molto scarichi atleticamente e questo non ci permise di fare lo scatto decisivo che ci avrebbe portato in Serie A. Proprio per questo ebbi degli screzi con Angelillo, in quanto secondo me mancava un’adeguata preparazione.

Perchè andasti via?

Sarei rimasto a vita ad Arezzo, anche perchè io e mia moglie – che si era laureata da poco ad Arezzo – eravamo innamorati della città e della gente di Arezzo. Purtroppo, come detto, a causa delle mie polemiche sulla scarsa preparazione fisica, si era incrinato anche il rapporto con alcuni dirigenti, che mi vedevano come un elemento scomodo all’interno dello spogliatoio. Così dovetti lasciare Arezzo e tornai a Pordenone, vicino a casa dove ho chiuso la carriera.

Sei rimasto nel mondo del calcio oppure nel mondo cosa fai adesso?

Appese le scarpette al chiodo ho lavorato molti anni all’Udinese, ho allenato alcune squadre dilettantistiche della zona e, poi, sono tornato in bianconero a fare l’osservatore per il settore giovanile, ma avevo perso lo stimolo giusto, in quanto quel mondo del calcio non mi apparteneva più. Nel frattempo, ho investito i miei guadagni da calciatore nel settore sportivo ed ho costruito un piccolo centro sportivo; sono sempre stato attento a gestire i soldi, tanto che nello spogliatoio Menchino mi prendeva in giro dicendo che tenessi nel portafoglio banconote da mille lire di qualche decennio precedente!!

Cosa ha rappresentato per te l’Arezzo?

Arezzo ha rappresentato tantissimo perchè lì ho vissuto gli anni più belli della mia carriera, lì ho conosciuto persone cui sono legato ancora a distanza di quasi 40 anni – uno dei miei migliori amici è di Arezzo – e lì avrei voluto passare il resto della mia vita.Sono rimasto molto male quando mi mandarono via, mi sono sentito quasi cacciato. Mi è dispiaciuto tantissimo andarmene da Arezzo perchè amavo la maglia, tenevo tantissimo ai miei compagni.

Segui l’Arezzo e cosa pensi del momento attuale ad Arezzo

Lo seguo con attenzione, guardando le partite in TV e soffro perchè il mio Arezzo non può stare in Serie C; deve ambire a palcoscenici più importanti e stare nel calcio che conta. Se immagino soltanto che ai miei tempi abbiamo giocato a San Siro, all’Olimpico, al Dall’Ara ecc, mi viene una nostalgia pazzesca.

Aneddotto

Angelillo da buon argentino era un personaggio molto scaramantico e teneva nella tasca della giacca sempre 3 noci ed una croce, che durante le partite toccava continuamente. Un sabato andammo in trasferta nelle Marche con il pullman e durante il viaggio le noci caddero dalla tasca sul sedile accanto al mister, senza che lo stesso se ne accorgesse; io le presi e le detti “al Neri” dicendogli che avevo comprato un po’ di noci e se lui ne volesse qualcuna. Menchino le prese e le mangiò tranquillamente, quando, improvvisamente, Angelillo si accorse che mancasse il suo portafortuna e cominciò a chiedere in giro. Io alzai la mano e dissi che le stesse mangiando Neri e Angelillo si arrabbiò tantissimo, mentre tutti i ragazzi ridevano a crepapelle e Menchino cercava di giustificarsi dando la colpa a me!! Eravamo veramente un grandissimo gruppo.

Mi emoziono a pensare di aver parlato con il grande Ale Zanin, il nostro capitano, colui che nel 1981/1982 guidò i nostri ragazzi alla conquista della B, in quello che rimane l’Arezzo più bello di sempre!! Grazie Capitano!! Forza Arezzo!!!

di David Bondi