La Storia siamo Noi – GASTONE GIACINTI

Nella storia dell’Arezzo, Gastone Giacinti si è ritagliato un posto importantissimo, in quanto dopo Sarri –che giocò con il Cavallino negli anni 30-, è il portiere che ha difeso più volte la porta amaranto con le sue 164 presenze (146 in campionato, 15 in Coppa Italia e 1 nel torneo anglo-italiano”. “E’ un traguardo che mi inorgoglisce enormemente perchè ad Arezzo ho passato 20 anni della mia vita, sia da calciatore che da imprenditore”.

Gastone oggi è un “giovane” settantacinquenne che vive a Massa – “nel 94 Menchino venne scelto come mister della Massese e mi chiese se avessi avuto voglia di seguirlo come preparatore dei portieri, accettai e rimasi fino a fine stagione – nonostante Menchino fosse stato esonerato, ma fu lo stesso ad esortarmi a rimanere -, poi io e mia moglie decidemmo di trasfersi da Olmo al mare e siamo ancora qua”.

Quando e come sei arrivato ad Arezzo?

Sono arrivato ad Arezzo nel mercato di novembre del 1975 proveniente da Foggia. Mi  chiamò mister Toneatto, che avevo avuto a Foggia e che aveva grande fiducia nel sottoscritto e l’intenzione della società, che era appena retrocessa in C, era quella di tornare immediatamente in cadetteria. Gli amaranto avevano iniziato il campionato con l’aretino Arrigucci, ma poi il mister scelse di portarmi ad Arezzo, nonostante cominciassi a non essere più giovanissimo.

Quale fu l’impatto con la tifoseria e la città?

Innanzitutto devo precisare che Arezzo fosse una piazza che mi aveva sempre attirato, sia per l’importanza della squadra che per la vicinanza con il mio natale e, pertanto, accettai immediatamente la chiamata di Toneatto. L’impatto con i tifosi fu ottimo perchè esordii nel derby contro la Sangiovannese in trasferta (ndr nella Sangiovannese giocava in porta Ciappi, che dieci anni dopo sarà partecipe della pagina più bella della nostra storia) e, poi, l’esordio casalingo contro il Rimini, per me un doppio derby (Gastone è di Fossombrone, in provincia di Urbino ed ha giocato due anni a Cesena) con vittoria 1 a 0 (rete di Novelli). Per quanto riguarda la città, i fatti parlano da soli. Ci ho vissuto per 20 anni (Gastone viveva ad Olmo) e ci ho aperto 3 attività (Albergo-Ristorante Graverini per il Corso in società con Gallini, Giacinti Sport sempre per il Corso in società con Tarcisio Terziani, oltre ad una dolciaria sopra il negozio).

Quali sono stati i tuoi compagni preferiti?

Mi sono trovato sempre benissimo con tutti, anche perchè ho avuto la fortuna di giocare nell’Arezzo, quando ci fu la “nidiata” di aretini che dal settore giovanile salivano in prima squadra (Marini prima, poi Quercioli, Baldi, Giangeri, Giuliani, Tarquini ecc) e si sentiva fortissimo il senso di appartenenza alla maglia. Poi il legame più forte l’ho stretto con Menchino, con il quale, come detto, sono stato anche a Massa e con cui ci frequentavamo anche fuori dal campo.

Gastone Giacinti con Pellicanò ed il dott. Giusti

Ne parlano sempre molto poco, ma che portiere era Giuliano Giuliani?

Era un ragazzo straordinario (Gastone parla di un ragazzo d’oro), semplice, serio, più maturo dei suoi anni e molto concentrato nel lavoro; ma soprattutto era un portiere fortissimo. Ai tempi ci aiutava Pinella Rossi, come preparatore dei portieri, ma spesso e volentieri, così come con Pino Pellicanò, gli allenamenti li guidavo io, essendo molto più esperto di Giuliano (tra loro ci correva quasi 13 anni). Oltretutto in quel periodo dovevo anche seguire le mie attività extra-calcistiche, in particolar modo il ristorante, e per questo mi accordai con Ballacci che avrei potuto giocare meno, anche perchè la porta dell’Arezzo era in ottime mani. Ed infatti abbiamo visto la carriera che ha fatto quello splendido ragazzo che la morte si è portato via troppo presto.

Immagina che il nostro legame era sempre rimasto così forte che, molti anni anni dopo, durante le vacanze di Natale, Giuliano, che in quel periodo giocava a Verona, mi telefonò in negozio e mi chiese di incontrarsi al casello di Arezzo per salutarsi. Ci fermammo una mezzora a parlare e fu un piacevole incontro con un ragazzo che avevo veramente visto crescere sportivamente ed umanamente.

Che rapporto hai avuto con gli allenatori?

Ad Arezzo mi sono sempre trovato bene con tutti, anche perchè ero un giocatore maturo che gli stessi allenatori trattavano al loro pari. Inoltre, data la mia esperienza, ero il portavoce della squadra e, quindi, avevo sempre un rapporto diretto con i mister. Toneatto lo conoscevo bene, era una persona eccezionale e buona, nonostante volesse passare da burbero; Dino Ballacci per tutti i ragazzi era una sorta di padre, per me un fratello maggiore, era una bravissima persona, preparata, colta ed è stato un mister bravissimo che ha ottenuto importanti risultati con quella nidiata di giovani.
Cucchi era una persona dura e schiva che incentrava tutto sull’aspetto fisico, caricava i giocatori in allenamento e non era molto empatico, tanto che il gruppo spesso si lamentava. Addirittura, dopo il primo anno di Cucchi, la squadra mi invitò, in qualità di capitano, a chiedere alla dirigenza di non confermare il mister.
Angelillo, invece, era fantastico perchè ti metteva a tuo agio, era un compagnone – quasi uno di noi – ti faceva divertire e poi, però, ti comandava più degli altri, sempre con il sorriso, facendo rendere il massimo da tutti i giocatori. Aveva un carisma pazzesco! A differenza di tutti gli altri mister, che erano fissati con la preparazione fisica, Angelillo prediligeva il pallone. Mi ricordo a Piancastagnaio in ritiro, quando urlava al Professor Bulletti che ci faceva sudare: “fai piano che me li rompi!!

Che tipo di portiere era Gastone Giacinti? Perchè non è rimasto in serie A?

(Ride Gastone….) Giacinti per me era un portiere molto bravo, che, però, avrebbe potuto avere maggior fortuna nella sua carriera. Non mi lamento di quello che ho fatto, ma avrei potuto giocare molto di più nelle categorie superiori perchè ero un portiere efficace e di sicuro affidamento. Tra i pali ero molto reattivo e, soprattutto, ero molto forte nel parare i rigori, tanto che anche Giuliano e Pino hanno appreso la mia tecnica – facevo una doppia finta cercando di ingannare l’avversario, e spesso ci riuscivo – per neutralizzare i tiri dal dischetto. Ti devo raccontare un aneddoto: il direttore del Boato (Mario D’Ascoli) aveva scritto che, nonostante fossi molto forte tra i pali, avessi grossi limiti nelle uscite; gli feci presente il mio disappunto perchè venne data un immagine sbagliata di Gastone Giacinti.

La partita più importante?

Personalmente la partita più importante giocata con l’Arezzo è stato l’esordio casalingo contro il Rimini perchè mi presentai ai nuovi tifosi con una vittoria che per me valeva di più essendo un doppio derby. Fin dalla prima partita capii che avessi fatto la scelta giusta ad accettare l’Arezzo.

Perchè andasti via?

Io ed Angelillo, dopo la promozione, eravamo d’accordo che sarei rimasto anche l’anno dopo come preparatore dei portieri e secondo del mister; ero entusiasta anche perchè amavo Arezzo, ero in grande confidenza con Terziani e Caldelli avevo le mie attività in città e, quindi, tutto combaciava perfettamente. 

Purtroppo, ci fu una grossa incomprensione ed a causa di ciò il rapporto splendido tra me ed Angelillo si ruppe; cercai di recuperare, ma capii subito che non ci fosse più nulla da fare ed allora mister Carlo Caroni mi contattò ed andai a giocare a Montevarchi in serie D, dove in due anni vinsi coppa Italia e Campionato ed addirittura in finale di Coppa parai 3 rigori. Poi a 39 anni decisi di appendere i guantoni al chiodo, nonostante i rossoblù avessero insistito tanto per farmi continuare.

Rimanesti nel mondo del calcio?

Una volta terminata la mia avventura a Montevarchi, decisi di dedicarmi soltanto al mio negozio di sport ed alla dolciaria; successivamente ho allenato a livello dilettantistico il Montepulciano, il Chiusi Chianciano, l’Olmo e poi c’è stata la chiamata di Menchino a Massa, dove ho chiuso definitivamente nel calcio e dove mi sono trasferito. Adesso opero nel settore del marmo, con la calma di un uomo di 75 anni!!

Aneddotto

Un bellissimo ricordo è legato a quel gruppo splendido che, poi, avrebbe concluso il suo percorso con la vittoria del campionato. La domenica pomeriggio dopo la partita molto spesso prendevamo la macchina ad andavamo a mangiare il gelato da Sirio (babbo di Massimo Quercioli ndr) a San Giustino Valdarno. Era un modo per stare insieme, divertirsi e scambiare qualche parola con i tifosi presenti.

Curiosità: ma quanto guadagnava un giocatore del tuo livello?

Quando sono arrivato ad Arezzo proveniente dalla B ho strappato un contratto da 20 milioni di lire annui – “ho fatto più fatica a concludere il contratto, che a giocare!!”, ma ero il più pagato della rosa perchè mediamente un giocatore di C a quei livelli guadagnava circa 10 milioni di lire, anche se ad Arezzo qualche giovane prendeva solo 150.000 lire al mese! Pertanto, i calciatori dovevano pensare al futuro dopo l’attività agonistica e, per questo, io avevo deciso di investire in città.

Quando parli con persone come Gastone Giacinti ti accorgi quanto era bello il calcio di una volta e, soprattutto, quanto questi giocatori fossero attaccati alla maglia ed alla città. Un caro saluto al Ragno Volante e sempre Forza Arezzo!!

di David Bondi