Pillole amaranto – Gli alieni

Sandro Tovalieri intervistato da Giorgio Ciofini – Foto dalla pagina FB di Sandro Tovalieri

Con l’avvento della nuova società e allo scopo di ottenere i contributi della Lega Pro, relativi alla valorizzazione dei giovani calciatori, la S.S. Arezzo ha attinto a piene mani, grazie anche ai buoni uffici del DG Pieroni, nei settori giovanili di due importanti società, l’INTER e l’EMPOLI. Sono arrivati dei giovani più o meno bravi, ma sicuramente se non siete appassionati dei campionati giovanili, degli illustri sconosciuti. La mia memoria è andata subito agli anni 80’ quando, complice anche una serie A a 16 squadre, le migliori formazioni di B erano considerate una sorta di A2 e quindi una palestra ideale per i giovani talenti in cerca di consacrazione. Ma qui si parla del Top del calcio giovanile dell’epoca, un po’ come se oggi ti mandassero a valorizzare gli ESPOSITO, i PINAMONTI, i KEAN, e l’AREZZO era una società molto considerata, di grandi ambizioni e quindi cominciarono ad arrivare gli alieni….

Sandro Tovalieri-Foto dalla pagina FB di Tovalieri

I ricordi sono andati subito a SANDRO TOVALIERI, proprietà della ROMA, arrivato ad Arezzo nella stagione 84/85 nemmeno ventenne e reduce da un grande campionato in quel di Pescara, che gli valse il soprannome di “Pelè d’Abruzzo”. Un giocatore straordinario in area di rigore, con una rapidità di esecuzione raramente vista; ho ancora negli occhi lo straordinario precampionato di quell’anno, i gol al Napoli,  le prime partite di campionato che ci mostravano un giocatore immarcabile per gli avversari, rimasto croce e delizia per i tifosi amaranto. Non di rado lo contestarono, ma lui riusciva sempre a farsi perdonare, grazie al sorriso stampato in faccia, una magia dentro i 16 metri e la fiducia che trasferiva nei cuori, quella che con lui potevi vincere sempre, con chiunque se solo ne avesse avuto voglia o fosse stato in condizioni fisiche accettabili, perchè qui ad Arezzo la sua “vita d’atleta” non fu certo impeccabile. L’anno dopo tornò a Roma dove non riuscì ad emergere, poi il trasferimento ad Avellino e quindi il ritorno nell’ 87/88 ad Arezzo. Tre stagioni condite da polemiche, gravi infortuni e uno straordinario campionato di serie C1 che gli valse il ritorno nel calcio che conta, Ancona in B, poi il Bari in B e in A, una straordinaria stagione con 17 gol, altre stagioni importanti sempre in B e in A, Atalanta, Perugia, Cagliari, Sampdoria e Reggiana. Sempre tanti gol e tantissimi rimpianti per quello che fu definito e pronosticato come futuro centravanti della Nazionale Italiana, che purtroppo per lui non raggiunse mai.

Francesco Dell’Anno all’Inter

Il secondo alieno che ricordo è Francesco “ciccio” Dell’Anno. A 17 anni Juan Carlos Lorenzo, allora allenatore della Lazio, lo mise in campo 17 volte in serie A nella stagione 1984/85. Un campionato sfortunato per i biancocelesti che retrocessero in serie B, ma per Dell’Anno fu quello dell’investitura da predestinato nel calcio che conta. Partite memorabili giocate con la spensieratezza del ragazzino, dribbling ubriacanti, giocate in grado di mettere a sedere Le Roi Platini, in un ambiente quello  laziale esplosivo, che vedeva in lui il giocatore su cui  rifondare la Grande Lazio, capace di vincere il tricolore nel 74. Dopo un campionato di serie B con la squadra capitolina, a ottobre 1986, giunge ad Arezzo in cerca di definitiva consacrazione.  Ad Arezzo è rimasto 3 anni, due in B e uno in serie C nell’ 89/90, da qui, al termine di un bel campionato condito da 30 presenze e 3 reti, passò all’Udinese in serie B e da li la sua carriera è decollata. Di lui rimane il ricordo di un giocatore molto introverso, ma dotato di tecnica veramente sopraffina, lanci millimetrici, assist e l’impressione che fosse un 10 atipico, in grado di coprire molte zone del campo, un giocatore capace di far innamorare gli esteti del calcio. A Udine 3 campionati da protagonista, e l’approdo nel calcio che conta, nell’ Inter, dove in 3 stagioni fra alti e bassi, con una serie interminabile di malanni e infortuni che lo limitano fortemente, vince anche una Coppa Uefa, poi Salernitana, Ravenna e Terni a chiudere la carriera.

Marco Macina al Milan

L’alieno n. 3 è uno dei misteri che ogni tanto compaiono nei campi di calcio. Marco Macina nel campionato 81/82, a 17 anni, fa coppia con Roberto Mancini nel Bologna in serie A. Qualcuno dice che quello forte è lui, ma al termine del campionato alla Sampdoria va il futuro ct della Nazionale e lui rimane a Bologna a maturare. Ad Arezzo arriva con il mercato autunnale dell’ 83/84, con la nostra squadra prima in classifica in serie B. Anche qui si parla di un giocatore con una prospettiva di carriera senza limite, velocità e tecnica sono il suo punto di forza, il carattere il punto debole. Mette insieme 11 presenze e 1 gol a Cesena, di lui si sente parlare più che altro per la non irreprensibile vita da atleta. Quando lo vidi giocare la prima volta ho avuto la sensazione di quello che ci avrebbe fatto vincere il campionato e andare finalmente nella massima serie. Ma è un attimo, da noi non farà mai la differenza e in una squadra che si gioca la promozione punto a punto con rivali fortissime, un giocatore così lunatico trova veramente poco spazio in quella compagine che conclude il campionato al 6° posto. Dopo Arezzo torna a Bologna che lo gira al Parma, sempre in B, dove in una squadra con Mussi, Pin, Berti , Bertoneri e Damiani riesce nell’impresa di retrocedere. Per lui comunque un buon campionato a livello personale tanto è che addirittura lo prende il Milan di Liedholm. Ma a Milano il lato ribelle del suo carattere gli farà perdere l’occasione della sua carriera. Fughe dai ritiri, nottate in bianco e la notorietà che diventa un peso troppo grande, affossano definitivamente il suo talento. A 22 anni la sua parabola discendente lo porta a Reggio Emilia e poi ad Ancona, ritirandosi dal calcio che conta nell’ 88 e finendo a giocare nei campionati dilettantistici di San Marino.

Fabrizio Di Mauro

Il nome del 4° alieno penso che a molti dica poco. Se non lo si è visto con i propri occhi in campo è difficile ricordarlo. In campo sì, perche questo è un giocatore che parlava soprattutto nel rettangolo verde. Rendimento sempre alto, corsa e prestazioni sono le caratteristiche principali di Fabrizio Di Mauro. Ad Arezzo giunge appena diciannovenne dalla Roma nel campionato di serie B 1984/85.  Non ha la fama del predestinato, a prima vista è uno delle tante promesse del vivaio giallorosso, uno dei tanti… In campo si conquista subito la stima di tutto l’ambiente, non è un giocatore vistoso, ma un centrocampista di grande rendimento, corsa e geometria. A lui pace far parlare il campo e, a forza di campionati sempre in crescendo fino alle 33 presenze e 4 reti del 86/87, riesce ad ottenere la stima degli addetti ai lavori, tanto da passare all’Avellino in serie A. Da lì l’anno successivo il ritorno alla Roma, dove si mette in mostra come uno dei centrocampisti più continui della serie A. Per quattro annate è il perno insostituibile della squadra, vince una Coppa Italia e conquista la nazionale maggiore dove metterà insieme 3 presenze . Nel 92/93 passa alla fiorentina per oltre 13 miliardi di lire. Da lì alla Lazio, dove si toglierà lo sfizio di segnare un gol nel derby all’amata Roma. Poi ancora Firenze e chiusura a Reggio Emilia. Sicuramente l’alieno meno vistoso di tutti, ma quello che ad Arezzo nel campo ha lasciato il ricordo di una grande professionalità e correttezza.

di Vecchia Guardia