Alò che s’arbeve – Trasferta a Ponsacco

il centro di Ponsacco

Ponsacco sorge nei pressi della confluenza dei fiumi Cascina e Era, Il nome deriva dall’unione “Ponte” e “Sacco” e venne citato per la prima volta in un documento ufficiale del 1197, quindi in un atto notarile del 1366 che attesta la presenza in loco di un castello. Lo stesso castello di Ponsacco venne scelto dal Doge di Pisa come sua dimora per la posizione strategica al confine della Repubblica di Pisa e di Firenze lungo l’asse viario che collegava le città di Lucca e Volterra, In questo periodo infatti ci fu la nascita dell’attuale centro storico, un tempo circondato da belli bastioni e alte mura, poi distrutte dai Fiorentini. Fin dalla sua origine l’antica “Pons Sacci” ebbe una grande importanza strategica, nel 1341 la Repubblica di Firenze, occupò Ponsacco, Pontedera, Cascina, Appiano e Petriolo: solo il castello Ponte di Sacco resistette agli assedianti e dopo la distruzione degli altri villaggi gli abitanti trovarono rifugio nel castello di Ponsacco che, nel 1365 modificò il suo aspetto urbanistico costruendo bastioni di difesa intorno alla cinta muraria e canalizzando l’acqua del fiume Cascina nei cosiddetti “fossi” che circondavano il perimetro del centro storico. Dopo il 1374 Ponsacco subì a più riprese assalti, saccheggi, e devastazioni per le continue lotte tra Pisa e Firenze. Con la sconfitta di Pisa, il Castello Ponsacco dal 1406 passò sotto il dominio fiorentino rimanendovi quasi fino alla fine del quattrocento, più volte i pisani tentarono di riconquistare Ponsacco riuscendoci solo nel 1494. Comunque nel 1509, i fiorentini, per impedire la riconquista del castello fortificato, ne abbatterono le mura e le torri ma, con i Medici ci furono anche grandi lavori stradali a Ponsacco per facilitare i commerci e il trasporto di prodotti agricoli nei barrocci a ruota, altri lavori ne seguirono per rendere le strade più lunghe e agevoli per i barrocciai, i vetturali e per gli stessi animali da trasporto, furono così creati alloggi per uomini e animali, molti abbeveratoi, lavatoi e le fonti di acqua per quanti transitavano dai borghi. Fu così che a Ponsacco, oltre alla strada selciata che conduceva ai paesi collinari fino a Volterra, fu costruita nel 1771 la bella Fonte Granducale, per facilitare l’accesso all’acqua potabile. Con la fine della dinastia medicea nel 1737, il borgo sviluppò l’agricoltura e i commerci con i paesi vicini. Nel 1807 Ponsacco venne invaso dai Francesi guidati da Napoleone Bonaparte che ivi rimasero stanziati fino al 1814, quando con il Trattato di Vienna Ponsacco fece parte del Granducato di Toscana e rimase un paese prevalentemente agricolo, sviluppando altre attività come la coltura della seta, l’allevamento e la lavorazione del legno. Ponsacco manterrà queste vocazioni pressoché fino alla fine della seconda guerra mondiale, quando il paese si trasformerà completamente con la nascita di tante piccole botteghe artigiane e i famosi mobilieri cominciarono a costruire mobili in legno. Oggi Ponsacco è una moderna cittadina di 15000 abitanti, capitale in Italia del mobile, che vive prevalentemente grazie alla produzione e la vendita di mobili pregiati e arredamenti. Per i tifosi amaranto che visitano il centro è da vedere l’Oratorio della Madonna della Tosse che fu costruito all’inizi del ‘900, al suo interno si conserva un’immagine ritenuta miracolosa, una pregiata terracotta dipinta e attribuita a Luca della Robbia, nel XV secolo.

Villa Medicea Niccolini

Da visitare anche la splendida Villa Medicea Niccolini, Il fabbricato in puro stile rinascimentale, ha l’aspetto della villa medicea castello, con quattro torri angolari che circoscrivono il corpo centrale e sulla facciata spicca un’ampia e scenografica doppia scalinata, fatta costruire dal duca Alessandro nel 1533, fu terminata sotto Cosimo 1 De Medici, la costruzione unisce ai caratteri residenziali quelli militari e gli edifici annessi oltre ad avere funzioni di servizio alla villa servivano da caserme e scuderie. Donata da Cosimo I a Giuliano Gondi per i servigi resi ai Medici, ritornò nel 1620 a Cosimo II; successivamente nel 1637 Ferdinando II la vendeva a Filippo Niccolini, un ricco borghese fiorentino che concluse l’affare per la cifra di 50.000 scudi il 23 Settembre del 1634 e conferì il titolo di “marchese di Camugliano e Ponsacco”. Per godere di un pò di relax è da visitare l’Area faunistica “I Poggini “il polmone Verde” di Ponsacco, è il luogo ideale per una passeggiata a piedi o in bicicletta attraverso un percorso nei boschi, qua là interrotto da radure, di olivo e di vite, che donano meravigliosi profumi del bosco e del sottobosco.

Parco I Poggini

Il centro storico di Ponsacco si distingue anche per il suo arredo urbano “Emotivarte il coraggio di osare” basato su interventi di arte moderna contemporanea che riqualificano e arricchiscono la città, da osservare Il “ Lunare attraversamento ”, scultura di Mino Trafeli , un’opera che si trova alla rotonda di Camugliano, la scultura assolve una duplice funzione, sia quella della composizione plastica, sia quella di spazio percorribile per attraversare la rotonda. Con materiale ferroviario il maestro volterrano ha ornato anche la grande rotonda delle Melorie di Ponsacco, invece la scultura I Portali con un grande Obelisco in marmo bianco segna l’inizio e la fine del Corso (corso Matteotti), da vedere anche la “ Panchina di Salvador Dalì ”, panchina realizzata da Luigi Miliani e Maria Lami, interpretazione provocatoria della famosa opera di Dalì. Gli abitanti di Ponsacco sono chiamati rubbaorsi. Si narra che una banda di briganti di Ponsacco volesse andare a rubare un maiale in una stalla, a loro insaputa però il padrone del suino aveva dato ospitalità ad un saltimbanco di passaggio col suo orso da circo, facendo dormire l’orso con sé nella stalla, al posto del maiale, i briganti di Ponsacco entrarono di notte nella stalla buia per rubare il maiale e cercando a tentoni, si ritrovarono di fronte la belva feroce dell’orso che li aggredì. A Ponsacco e nella val d’Era non mancano le eccellenze tipiche, a Lari per esempio si trova il Pastifico Martelli, una piccolissima produzione di pasta di alta qualità che esiste dal 1926, bussate alla porta e chiedete di visitare il laboratorio, qualcuno vi accompagnerà alla scoperta della lavorazione di questa speciale pasta porosa da spaghetti trafilata al bronzo. Un’altra visita molto interessante è quella alla Macelleria Ceccotti a Lari, nata nel 1956 questa macelleria vanta ancora una produzione molto tradizionale e a chilometro zero con le carni dalla vicina Peccioli. Invece La Scuola Tessieri di Ponsacco è diventata un’eccellenza italiana nell’ambito dell’insegnamento a livello professionale di pasticceria, cioccolateria, gelateria. All’interno della scuola è nato da pochissimo anche uno spazio dedicato alla cioccolata Noalya, le cioccolate nascono quì da semi di piante provenienti un po’ da tutto il mondo, oltre alle miscele, si possono trovare e gustare cioccolate chiamate con il nome di ciascun paese dai quali il seme e la pianta d’origine proviene: Madagascar, Vietnam, Java, Ecuador, ecc. Nello shop i visitatori possono fare una degustazione con approfondita spiegazione di tutti questi tipi di cioccolato, scegliere e creare la sua cioccolata personalizzata da riportare a casa. Tra i prodotti tipici della Valdera segnalo anche la patata di Santa Maria a Monte, le ciliegie di Lari, le fragole di Terricciola, e poi il Re dei Boschi: il tartufo. San Miniato infatti è una delle capitali mondiali del tartufo bianco, qui è stato trovato nel 1954 il tartufo più grosso del mondo di 2 chili e 540 grammi che volò negli Stati Uniti sulla tavola del presidente Truman… Il tartufo di San Miniato e delle colline pisane dicono che è carico di uno speciale profumo afrodisiaco. Nei primi piatti tipici delle colline pisane troviamo ovviamente il Risotto al tartufo, con scaglie di tartufo bianco grattugiato, le Tagliatelle burro e tartufo, i Gnocchi con le castagne e tartufo, i Tortelloni al limone e tartufo, gli Straccetti Morelli con germe di grano e tartufo, le Crespelle di riso alla ricotta tartufo scarola e acciuga, i Ravioli alla pisana ripieni al Mucco, i Gnudi vestiti con pomodorini menta e caprino toscano, i Ditaloni rigati con patate di Camugliano e pancetta croccante.

bistecca di mucco pisano
peposo pisano

Per i secondi più famosi dobbiamo assaggiare l’Arista alla pisana con il suo costato cotta al forno a legna con i semi di finocchio, la Bistecca di maiale al vino rosso con le rape, la Tagliata di Mucco pisano con i pinoli rigorosamente di San Rossore, lo Stinco di Mucco pisano in umido: per chiarire, il mucco pisano deriva dall’incrocio della mucca bruna alpina maremmana con i tori del parco naturale di San Rossore, il Peposo Pisano invece è un piatto a base di manzo lesso cotto per molte ore nel coccio con olio, aglio e pepe e poi irrorato con vino e aromatizzato con erbe segrete, i Cardi trippati, sono cardi cotti a fuoco lento per 2 ore con succo di limone, coperti con lamelle di pecorino e infornati, e poi l’Agnello Pomarancino al tartufo, il Coniglio fritto ai carciofi di Terricciola, il Coscio di coniglio stufato alla birra, il Crostone al tartufo col lardo di Brunella, la Pernice al tegame con i prugnoli della val di Cecina, il Galletto Rustico col mattone. Per i dolci da gustare assolutamente I Bruttibuoni ai pinoli, i Ricciarelli di Pomarance, i Cantucci Pere e cioccolata, l’Amaretto di Santa Croce che è un piccolo dolce nato alla fine dell’800 dalle suore del Monastero Agostiniano di Santa Cristiana, la Torta co Bischeri che si presenta come una crostata ripiena di un impasto di riso e cioccolato con l’aggiunta di uvetta pinoli e frutta candita, la Schiacciata di Montecastello, invece si tratta di un dolce la cui forma, ricorda il panettone a lievitazione naturale con un impasto soffice e leggero, dal gusto di anice, arancio e marsala, la Nozza di Calcinaia, dolce locale che ricorda il brigidino di Lamporecchio, il Migliaccio alla Volterrana, che è un tipico dolce di Carnevale fatto con la sambuca, semi di anice, limone grattuggiato e lardo fritto. Questi dolci vanno assolutamente annaffiati con una sorta di delizioso liquore segreto chiamato “China Morelli” dello storico “Liquorificio e antica grapperia Morelli”, una azienda familiare che da generazioni produce liquori e distillati artigianali di altissima qualità dal 1911. Il profumo della Toscana e il sapore del tempo si rintracciano soprattutto nel gusto, a volte dolce e talvolta deciso degli antichi distillati. La China Morelli è un liquore dolce, molto simile ad un amaro ma molto più gradevole e dal sapore intrigante; è un liquore che ha fatto la storia dei liquori italiani, caratteristico anche per la sua composizione a base di chinino, essendo prodotto mediante un infuso che si ottiene macerando la corteccia dell’albero della china, nel calice si presenta di colore scuro e opaco, dai riflessi di caffè, colorato con un caramello di zucchero bruciato, che gli conferisce un piacevole aroma dolciastro, molto piacevole in bocca e al naso, rotondo e caramelloso, amaro al primo impatto in bocca, ma subito dolce e piacevole con un velato aroma di arancia, elisir da 30 gradi, un sorso di eccellenza toscana, dal carattere amarcord, un capolavoro. Per assaporare alcuni dei piatti tipici di Ponsacco e della val d’Era io consiglio il Ristorante Osteria Dalla Bianca di Sandra Ferretti. Ottima cucina pisana, classica osteria, dove si mangiano i piatti di una volta e cucinati molto bene, ambiente familiare, cucina casalinga, che conserva i sapori tipici delle ricette della nonna e dell’orto sotto casa, qui si trova tradizione, passione e un’ottima qualità dei prodotti, porzioni abbondanti e piene di sapori, una delle più antiche osterie italiane, sorta nel 1932, con carni bianche e rosse del posto, piatti segreti di cacciagione, coniglio fritto spettacoloso, penne arrabbiate ai funghi, per i più esigenti  su ordinazione il Cacciucco pisano, una delizia, poi il Peposo più buono del mondo, quindi ottimi vini i rossi della Azienda Spazzavento dei Poggini situati nelle terre di Ponsacco. E dopo una bella abbuffata tutti allo stadio Comunale di Ponsacco, chiamato il “Pollaio”, un nomignolo dato dai tifosi rossoblù al proprio fortino…e se l’hanno chiamato così un motivo ci sarà, Forza Arezzo vinci per noi!!


a cura di Leo