Alò che s’arbeve – trasferta a Montespaccato

veduta aerea di Montespaccato

Domenica l’Arezzo gioca a Montespaccato, che è una borgata di 40mila abitanti a Roma ovest, nel suburbio S. IX Aurelio, nel territorio del Municipio Roma XIII, zona periferica un po’ isolata rispetto al tessuto urbano capitolino”. Ai primi anni del ‘900, era un ampio territorio usato per il pascolo di pecore, di proprietà dell’Ospedale Santo Spirito, ed è ad Antonio Pane medico benemerito a cui una via è dedicata, ad aver creato L’Ospedale S.Spirito tra il XVII e XVIII secolo, così come la via parallela è intitolata a Enrico Bondi, primario dello stesso ospedale di S. Spirito ucciso a coltellate da una mmalato ricoverato. Il ricordo dei medici dell’ospedale S. Spirito nelle strade del quartiere, testimoniano che queste terre erano di proprietà dell’Ospedale, terre e beni che già dal XII secolo erano gestite da una lega umanitaria dall’Ordine di Santo Spirito, divenuto in seguito il principale Ospedale di Roma. Con l’Unità d’Italia si arrivò alla confisca dei beni della Chiesa: quindi questo territorio, in particolare quello di Montespaccato, fu preso e acquistato dai conti Fogaccia, che, dopo aver effettuato una bonifica e modernizzazione della zona, nel 1923 formò la borgata Fogaccia. La borgata poi venne rinominata Montespaccato nel 1945 e fu proprio il conte Fogaccia che con i suoi terreni creò l’inizio di quello che sarebbe stato il tessuto urbano recente. Il quartiere è caratterizzato dal fatto di sembrare distaccato dal resto della città per la presenza di edifici mono o bifamiliare che la fanno sembrare un paese, ciò è dovuto alla lottizzazione fatta all’epoca dal conte Fogaccia nei suoi terreni, dove sorge la parrocchia Santa Maria Janua Coeli, durante dei lavori, è stato rinvenuto un cimitero cristiano dei primi secoli dove i Romani seppellivano i propri defunti. La presenza di un pozzo ritrovato lascia pensare che si praticasse il refrigerium, una pratica dove i romani accompagnavano con il ghiaccio il defunto fino al luogo di sepolture con canti e banchetti in onore della persona deceduta. Alla fine Montespaccato tra le due guerre, dopo una selvaggia, lottizzazione urbanistica fu assorbito dalla metropoli capitolina. Oggi il quartiere Montespaccato è una comunità ben definita tra Casalotti, Boccea, Selva Candida ed Aurelio e si trova a ridosso del Grande raccordo anulare tra la via Aurelia e la via Boccea, usando le parole di Luciana Albanese: “A guardarlo bene ma anche a guardarlo meglio Montespaccato non è affatto bello” ma la bellezza è relativa, si vedono solo caos di case, cancelli, botteghe addossate l’una all’altra, accavallate come i denti di una bocca troppo stretta, questa prima impressione poco gradevole si è trasformata a poco a poco in una percezione arruffata di un luogo che non assomiglia né alla città né alla periferia e non è simile neanche a un paese; perché incontri gente multicolore, ascolti dialetti diversi, percorri strade che sebbene siano state progettate per poca gente, hanno le stesse incombenze della città: il traffico, le scuole affollate, gli autobus affollati e i divieti di sosta in doppia e tripla fila. Non è facile raccontare un  quartiere come Montespaccato che appena ieri era la borgata Fogaccia, qui la microstoria si è incrociata con la macrostoria: la bonifica fascista, l’urbanizzazione degli anni 30 (all’ombra della Famiglia del Conte Fogaccia che ne ha deciso la lottizzazione), l’insediamento delle famiglie calabresi, siciliane e immigrati provenienti da altre parti del sud Italia che costruirono edifici privati spesso senza regolamentazione, ma anche con la fatica e tante cambiali a strozzinaggio hanno costruito piccole case. E poi il dopoguerra e le lotte sindacali; qui infatti c’erano ben due presidi di fabbriche industriali: la Campari ed una grande fonderia. Negli anni 80, l’espansione della grande città di Roma ha assediato Montespaccato con quartieri residenziali, zone popolari, villette a schiera e palazzoni popolari  intensivi, comunque, grazie alla struttura urbanistica ed ad un’unica via di accesso, il quartiere è ancora isolato da tutto il resto, stretto tutt’intorno a via Cornelia che ne rappresenta l’anima di oggi, tra periferia e città, tra sobborgo e paese. Nella borgata di Montespaccato non c’è molto da vedere: l’Ex Casa del fascio del 1954, la Chiesa di Santa Maria Janua Coeli, su piazza Cornelia, del XX secolo (1941), progettata dall’architetto Tullio Rossi e ricavata da una vecchia costruzione preesistente, oppure fare un po’ di relax insieme ai caprioli liberi nello splendido parco della vicina Riserva Naturale Tenuta dell’Acquafredda.

Non tutti invece conoscono la bellissima storia a lieto fine della società di Calcio Montespaccato attuale. La storia comincia nel giugno del 1966 e c’è un minimo comune denominatore che unisce “quella” squadra a “questa” di oggi: far crescere i ragazzi del quartiere nella maniera più sana possibile, nella legalità, concetto che ritornerà, a 52 anni esatti di distanza, nella maniera più bella possibile. E’ per questo che il Montespaccato, assorbe tre parole cardine, che caratterizzano l’esperienza iniziata nel 2018 e che ha condotto in soli due anni a risultati inaspettati: rinascita, orgoglio, identità. Rinascita di un quartiere che inizia da uno dei suoi luoghi storici, il campo da calcio che in oltre 50 anni ha visto giocare e crescere la stragrande maggioranza degli abitanti di Montespaccato. Orgoglio di chi troppo spesso ha sentito il nome di Montespaccato associato ad aspetti negativi criminali e che ora, grazie ai successi sportivi e al ritorno in Serie D, torna alla cronaca romana come storia esemplare. Identità sportiva e sociale che il quartiere è riuscito a preservare e trasmettere alla nuova realtà di Montespaccato in un percorso ideale di continuità con le origini del Gruppo Sportivo Montespaccato, accantonando in maniera definitiva l’esperienza della Polisportiva Dilettantistica nel periodo buio dal 2007-2018, che ha rappresentato una distorsione dagli ideali dei suoi abitanti. È la squadra di calcio del Montespaccato Savoia, piccolo grande miracolo di sport e impegno civile, frutto di un’altra squadra, fatta di magistrati, polizia, politici, funzionari pubblici, che ci hanno creduto, l’hanno protetta fatta nascere e crescere.

Prima del 2018 il Montespaccato calcio era il fiore all’occhiello di zio Franco Gambacurta, famiglia calabrese che tutti chiamavano l’uomo con la coppola, conosciuto come “Zio Franco” secondo gli investigatori era al vertice di una potente organizzazione criminale che aveva l’egemonia ed il controllo dei territori di Montespaccato e Primavalle, considerato dalla Dda uno dei 5 boss più potenti della mala romana, il campo di calcio veniva utilizzato per coltivare popolarità e riciclare i proventi di droga, racket e usura, per intenderci: era lui, secondo carabinieri e procura, il boss della cocaina del quartiere, si faceva vedere ad ogni partita della sua squadra, anche per accrescere la fama all’interno di questa borgata di Roma ovest. La squadra era proprio sua, tanto che il direttore generale era il figlio Valerio, mentre il capitano era il nipote Tiziano. Nessuno né i Gambacurta e neanche i residenti intimoriti da quel clan poteva immaginare la seconda vita di questa squadra culminata in una rinascita. Una rinascita che inizia a giugno del 2018, quando, grazie all’operazione dei militari, Franco Gambacurta, il fratello Roberto Gambacurta, furono arrestati insieme ad altre 58 persone nel corso di un blitz attuato nei due quartieri di Roma nord ovest, col sequestro di beni di più di 7 milioni di euro, compresa la polisportiva Montespaccato, con due campi di “calcetto”, uno di calcio, bar, ristorante e una scuola calcio. A questo punto il Montespaccato Calcio viene sequestrato e sottoposto ad amministrazione giudiziaria, e stavolta, quella che era proprietà del clan, finisce nelle mani della legalità: d’intesa con il tribunale e la regione Lazio, di Nicola Zingaretti, la squadra viene affidata all’Ipab Asilo Savoia, istituzione pubblica regionale, del programma “Talento & Tenacia” che fa leva sullo sport di squadra quale strumento di inclusione sociale, educazione alla legalità e costruzione di percorsi di cittadinanza attiva, rivolti a bambini e giovani, da realizzare sui beni tolti alle mafie. E’ allora che iniziano ad arrivare avvertimenti e minacce di morte più o meno diretti a chi ha deciso di gestire la rinascita. C’era diffidenza, all’inizio ma i fatti hanno poi smentito, in due anni, gli iscritti alla scuola calcio sono aumentati del 30%, mentre le rette sono state ridotte del 25% e sono state date oltre 100 buoni gratis per le famiglie del quartiere in stato di bisogno, lo Stadio e Il Centro sportivo è stato intitolato al sacerdote vittima della mafia, don Pino Puglisi, il parroco di Brancaccio che usava il calcio per strappare i ragazzi alla mafia. Poi il passaggio al campionato, che arriva dopo il ripescaggio del 2018, quando la squadra era stata retrocessa in Promozione, in pratica una bellissima storia italiana», «Abbiamo ricostruito una squadra ricorda Monnanni perché era rimasta solo quella juniores, molti giocatori, che evidentemente erano vicini al clan, hanno preferito lasciarci» e così, mese dopo mese, arrivano i fuoriclasse. C’è il capitano, Bruno Sismondi, italo-uruguayano; e poi Florin Tariuc, 24 anni, che vive da sempre nella borgata; e poi il capocannoniere Diego Gambale (24 reti in 24 partite), Andrea De Marco, arrivato in seguito. Ora è un continuo successo, gli iscritti alla scuola calcio sono più di 500, con dieci squadre che partecipano a vari campionati, tra le quali la prima squadra che da poco è stata promossa in serie D dopo 40 anni. I ragazzi delle squadre giovanile, proprio nell’ottica della loro crescita personale, sottoscrivono dei “patti di responsabilità” che prevedono attività sociali fuori dal campo da gioco e pure attività di volontariato.

Così durante il lockdown hanno distribuito pasti caldi ai poveri della borgata, a bordo di un furgone confiscato al clan Fasciani, un’altro clan di Ostia. Non solo calcio quindi ma integrazione, affermazione della cultura del rispetto e della lealtà sportiva.  A luglio 2019 arriva la seconda ondata di arresti: il clan Gambacurta “non esiste più”, una liberazione per la borgata e forse anche per il club. E ora la ciliegina sulla torta, abbiamo accettato una sfida difficile e con la promozione in serie D vince la legalità. Grazie ragazzi, il nostro sogno di libertà continua!» disse il presidente Mattarella.

abbacchio scottadito

Tornando a parlare di cose più dolci, esiste una tipica trattoria di borgata a Montespaccato,  che io consiglio Gli Archi Del Sabino Via Cornelia 83, locale piccolo, stile casareccio molto accogliente, porzioni enormi, prezzi onesti, piatti tipici della tradizione romana, locali così non ci sono più a Roma cucina di qualita’ nel cuore di Montespaccato. Una Carbonara che ti prende al cuore, una Gricia favolosa, una Matriciana sublime e una Cacio e Pepe più buona del mondo e tante altre prelibatezze tipiche capitoline e trasteverine come i Supplì ripieni di Provatura, i Carciofi alla Giudìa, il Pandorato, il Farricello con le Cotenne, la Minestra di Broccoli e Arzilla, la Pajata coi Rigatoni, il Quinto quarto, l’Abbacchio a scottadito, i Saltimbocca, l’Insalata di Puntarelle, Dulcis in fundo; (userò proprio questa espressione latina) a maggior ragione per descrivere il dolce più amato dai romani in assoluto: il Maritozzo gigante, un panino dolce  ripieno di panna a volte arricchito da pinoli, uvetta e arancio candito, un vero romano quando lo mangia si deve sporcare la maglia o la cravatta, assolutamente da provare se non altro è un’ottima scusa per citare le parole del grande Aldo Fabrizi; Certo chi soffre de colesterina e nun se vò aggravà, rinunci puro e vadi a letto co sta minestrina”. Anche a vini non si sta male quì e la Doc Castelli Romani la fà da padrona. La bottiglia etichetta Donna Adriana Castel De Paolis 2019, è uno stupefacente bianco dei Castelli Romani di 14,50 gradi, un capolavoro!

maritozzi


Forza Arezzo vinci per noi!


a cura di Leo